Riscoprire i Depeche Mode
Nella seconda metà degli anni Settanta la cittadina inglese di Basildon assiste alla breve avventura dei No Romance in China, gruppo fondato dai compagni di scuola Andy Fletcher e Vince Clarke. Al volgere del decennio troviamo invece Clarke impegnato in una collaborazione con Martin Gore, che presto coinvolge anche il vecchio amico Fletcher. È con il 1980 che il nuovo gruppo si completa, con l’ingresso del vocalist diciottenne David Gahan; dopo numerosi cambi, poi, il nome del quartetto viene definitivamente scelto: Depeche Mode, rubato ad una rivista francese di moda.
Dopo aver esordito nello stesso anno con il brano “Photographic”, nell’81 i quattro danno alle stampe il primo Lp di una lunga e fortunata carriera: tutti gli album dei Depeche Mode, infatti, oltre ad aver ridefinito il ruolo dell’elettronica nel pop, e aver regalato al mondo riconoscente classici indimenticabili, sono riusciti a conquistarsi posizioni invidiabili nelle classifiche – visitando puntualmente, ad esempio, la top ten britannica. Così “Speak & Spell” è un debutto di portata storica, segnato dall’elegante spensieratezza intessuta sotto la guida sapiente di Vince Clarke. Questa prima incarnazione dei Depeche Mode propone un dance-pop dallo spirito giovane ed incalzante, perfettamente rappresentato da “Just Can’t Get Enough”, uno dei successi più amati della band.
Ad appena un mese dalla pubblicazione del disco, Clarke saluta gli amici per dedicarsi a nuovi progetti, mentre le redini di quello che si trova ora ad essere un terzetto vengono di fatto prese dalle fini ambizioni di Martin Gore, ben percettibili già a partire da “A Broken Frame” pubblicato nel 1982. Ma è l’anno successivo che il nuovo volto dei Depeche si svela fino in fondo: “Construction Time Again”, prima prova col nuovo membro Alan Wilder, sposa la propria essenza synthpop ad un’inventiva attenzione per le recenti innovazioni della scena industrial, mostrando la band in uno stato di grazia sperimentale. Anche i versi si fanno più impegnati, con le prime manifestazioni del gusto dark di Gore. L’esplorazione industrial prosegue nel capolavoro dell’84 “Some Great Reward”, salutato dalla critica come uno dei migliori album elettronici mai realizzati. I Depeche Mode si prendono due anni prima di pubblicare “Black Celebration”. Già il titolo tradisce la malia dark ammanta l’ispirata penna di Gore, filtrata a sua volta dai tessuti sonori sempre più pregiati di Wilder. La band dell’Essex si trova quindi a sperimentare con i sample e ad affinare le proprie abilità in studio di registrazione nell’ultimo capitolo della produzione di Daniel Miller. Il successo crescente viene coronato nel 1987 dall’acclamatissimo “Music for the Masses”, seguito da un memorabile tour internazionale, e ancora di più quando i Depeche Mode salutano l’arrivo degli anni Novanta con “Violator”, forse il loro miglior lavoro in assoluto. Trascinato da classici senza tempo come “Enjoy the Silence” e “Personal Jesus”, l’album viene incluso nella classifica dei 500 migliori dischi di tutti i tempi stilata da Rolling Stone e viene indicato dalla critica come lo zenit della band di Basildon. Infaticabile, il gruppo pubblica nel 1993 “Songs of Faith and Devotion”, segnato dalle tensioni rock di David Gahan, mentre quattro anni dopo “Ultra” è il primo album a seguire l’uscita di Wilder dal gruppo. I membri rimanenti stanno facendo i conti coi propri demoni interiori, combattuti a suon di musica.
Il nuovo millennio è inaugurato da “Exciter” e dalle sue seduzioni minimali, mentre nel 2005 i Depeche Mode dimostrano ancora una volta di saper guidare le innovazioni di ogni decennio con inarrivabile vitalità: “Playing the Angel” è uno dei loro album più acclamati, e viene lanciato dal singolo “Precious”, un hit che conquista le posizioni più alte delle classifiche in tutto il mondo.
Anche i successivi “Sounds of the Universe” e “Delta Machine”, pubblicati rispettivamente nel 2009 e nel 2013, sono espressione di quel perenne stato di grazia che poche band nella storia possono rivendicare come i Depeche Mode.
Con trentasette anni di carriera alle spalle, la band inglese torna a pubblicare un nuovo album nel marzo 2017. “Spirit” si ritrova a considerare l’energia dei capolavori di metà anni Ottanta, rispondendo con passione alle sfide cupe dei tempi correnti.