Tilt
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1. 4:04
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2. Strips 4:40
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3. Corrosione 1:27
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4. Positivo / Negativo 3:34
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5. In cammino 5:31
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6. Farenheit 1:15
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7. Articolazioni 13:41
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8. Tilt 2:29
La band viene fondata a Torino dal tastierista Beppe Crovella (Mystics) e dal batterista Furio Chirico (Trip, I Ragazzi del Sole), con l’apporto di quattro musicisti del Sogno di Archimede: Marco Gallesi (basso), Gigi Venegoni (chitarre acustiche ed elettriche, sintetizzatori), Giovanni Vigliar (violino, voce, percussioni) e Arturo Vitale (sassofoni, clarinetto e vibrafono). Proprio Beppe Crovella racconta le storie di questo disco e della sua band, un disco che sintetizza magnificamente la lezione del nascente jazz-rock di marca britannica, il jazz elettrico davisiano e il prog.
“Più di 40 anni fa nasceva Tilt, il nome Arti & Mestieri vide la luce proprio con questo 33 giri, infatti il debutto fu al Parco Lambro di giugno 74 come “Arti” (concerto che ci consacrò, inserendoci ufficialmente nel mondo “Progressive”, anche se in senso lato).
Gianni Sassi della Cramps ci propose di cambiare il nome in Arti & Mestieri, cosa che accettammo volentieri. In verità anche il titolo Tilt e l’idea dell’imbuto sospeso nel cielo furono di Gianni Sassi. L’imbuto è, ancora oggi, la nostra icona e la copertina venne esposta al Moma (Museum of Modern Art di New York). Tilt fu il battesimo dello stile Arti & Mestieri, elaborato, anzi creato spontaneamente, giorno dopo giorno. Il pensiero era quello di averne uno personale, che doveva maturare naturalmente, senza pensarci, senza ragionarci, senza costrizioni. A differenza di altri gruppi, che ebbero come background il riproporre brani già classici del Prog, noi suonammo per 6 mesi la musica di Tilt, alternata ad ore d’improvvisazioni tematiche totali, importanti nel creare il nostro suono, l’amalgama della band. Non c’ispirammo ad un gruppo in particolare. La nostra ricerca di originalità, partì dal vissuto intenso di quanto successe negli anni 60 e nei primi 70: Beatles, Who, Yardbirds , il primo rock-jazz, gli albori del prog, il nostro buttarsi a capofitto, come autodidatti (salvo Giovanni Vigliar, violinista iscritto al conservatorio) in tutto ciò che ci affascinava, da Bela Bartok a Miles Davis, da Igor Stravinvky a John Coltrane. L’originalità del nostro sound consisteva nell’avere temi “cantabili ed emozionanti”, eseguiti, spesso all’unisono, dal violino, dal sax di Arturo Vitale e dalla chitarra di Gigi Venegoni, creando sonorità uniche a tutt’oggi, non solo nel prog o nel jazz rock. Su questi temi s’inseriva il secondo blocco del gruppo: io alle tastiere alternavo parti ampie, orchestrali, ad accompagnamenti ritmici, spesso usati da Brian Auger, Horace Silver, Herbie Hancok, pensando a organo e piano come ensemble di fiati, creando la sezione ritmica con i riff del Rickembacker di Marco Gallesi e i colori di Furio Chirico, che arricchiva i suoi tempi con l’articolare costante su ogni elemento della batteria. La nostra identità è a cavallo tra il jazz-rock ed il prog, anche se l’elemento jazz-rock è preponderante. Strips” e “Farenheit sono certamente prog, con affinità al classico; In cammino e Corrosione hanno una vena vicina al jazz-rock, mentre il tema di Gravità 9,81 ha doppia valenza, da un lato il carattere epico, anche medioevale, dall’altro è brano modale, aperto ad evoluzioni rock-jazzistiche. Articolazioni è una suite che alterna momenti classicheggianti, come il largo finale, a temi prog e costruzioni jazz-rock. Anche Positivo/negativo ha il tema ambivalente, che si sviluppa con una ritmicità jazz-rock, alternata alla parte centrale, rilassata e riflessiva, con Mellotron e vibrafono. Tilt, il brano finale, è una vera avventura nella sperimentazione. Uso questi termini, come una sorta di “guida all’ascolto”, poiché all’epoca non ne abbiamo davvero parlato, assolutamente non ci siamo mai posti il problema di come venissero collocate stilisticamente le nostre idee e come le sviluppavamo. La caratteristica di questo disco è la compattezza di sound e feeling, che derivò, oltre dall’averlo suonato per mesi, dalla sua minuziosa costruzione collettiva, battuta per battuta, partendo da temi preesistenti, in maggioranza provenienti da un “demo” realizzato da Venegoni e Vigliar. Un album realizzato da un vero gruppo; “preso così ha un suo impatto che trascende individualità e scrittura musicale, rimane il nostro lavoro migliore ad oggi. Quando, dopo 40 anni, si parla, si ascolta e ci si emoziona con la musica di un album per chi l’ha realizzato è motivo di gran soddisfazione, tuttora stimolo per “non andare in… Tilt!”