Prendere E Lasciare
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1. Compagni di viaggio 5:40
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2. Rosa rosae 3:26
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3. Tutti hanno un cuore 5:57
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4. Un guanto 6:20
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5. Jazz 5:08
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6. L’agnello di Dio 4:01
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7. Stelutis alpinis 4:25
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8. Baci da Pompei 4:24
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9. Prendi questa mano, zingara 4:49
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10. Fine di un killer 6:05
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11. Battere e levare 3:03
Dopo quattro anni di silenzio interrotto solo dalla pubblicazione di due album live, Il Bandito e il campione(’93) e Bootleg (’94),
De Gregori torna al pubblico con Prendere e lasciare .
Non è un caso o un vezzo che Il cantautore romano scelga il titolo modificando il senso della frase di uso comune. Prendere e lasciare infatti suggerisce i colori, il mood delle canzoni contenute in questo album, pubblicato nel 1996.
Il disco affronta tematiche forti, spiazzanti, inoltre si allontana dalle sonorità solitamente predilette, semplici, lineari e sobrie, molta acustica, elettrica aggiunta quando serve.
Questa volta viene scelto un produttore molto in voga, molto bravo, Corrado Rustici, che abitualmente registra negli States, ama molto la tecnologia e gli arrangiamenti corposi, energici.
Prendere e lasciare viene realizzato in California. Nessun musicista è italiano, fatta eccezione per Ambrogio Sparagna e lo stesso De Gregori.
Il disco ha qualche venatura rock, gli arrangiamenti sono moderni, i temi, come detto, controversi, dolorosi, e stimoleranno non poche polemiche.
Prendere e lasciare, perché si parla di perdita e di smarrimento, di mondi popolati di persone che vincono e più spesso perdono, , trasformandosi di volta in volta da vittime a carnefici, sopravvivendo a indifferenza, sacrificio, dolore, senso di impenetrabile solitudine.
Apre l’opera Compagni di viaggio, ballad di andamento dylaniano che canta di amore pervaso da sensi di allarmante provvisorietà , qualcosa di indefinibile che non si riesce a trattenere, a vivere fino in fondo. Si è compagni di viaggio , ci si saluta in ogni istante. Il testo è come sempre fatto di parole scelte, una ad una, a formare una collana di perle preziose che illuminano , suggeriscono, rapiscono.
Rosa rosae incede tra chitarra elettrica e percussioni campionate con passo lieve, mostrando una rosa che si sfoglia delicata, che rinasce ogni mattino, simbolo forse di speranza.
Ancora chitarre elettriche graffianti, e la batteria energica di Steve Smith in Tutti hanno un cuore.
De Gregori canta, nervoso, essenziale, con l’urgenza di raccontare di uomini affannati alla ricerca di uno spicchio di sole , accomunati da un cuore che chiede riparo. La chitarra fraseggia e sembra unire la sua voce a quella del protagonista.
Un guanto è di sapore country, ed è noto a tutti che è stata ispirata all’autore da un’opera pittorica in 10 tavole realizzata da Max Klinger, nel 1881. Le vicende di un guanto perso , rapito, scivolato via, metafora di Amore, che resiste alla tempesta, vola via,illuminato dalla luna.
Jazz ha tastiere a tappeto di David Sancious, batteria discreta, chitarra arpeggiante a sostegno.
L’agnello di Dio è caratterizzato da un mood funky rock , e un testo duro, che mette a confronto la figura martoriata del Cristo con quella di soldati e puttane, tutti vittime sacrificali, perse, bruciate, infamate, abusate, perdute.
Una invocazione laica, da fratello a fratello, confusi e piegati, una richiesta di aiuto. Al tempo della pubblicazione del disco il Vaticano osteggiò e criticò fortemente il cantautore, accusandolo di usare la figura del figlio di Dio fuori tema. Le critiche furono presto risolte, resta invece viva la canzone, potente ed evocativa.
Si cambia tono , restando sospesi nella sognante atmosfera di Stelutis Alpinis, bellissimo brano, minimale, ispirato ad un canto popolare alpino,arricchito dalla steel guitar di Bruce Kaphan e dal caldo suono della chitarra classica. È il canto dolente e raccolto di un soldato ucciso e seppellito in montagna, estremamente suggestivo.
Baci da Pompei racconta ancora una storia spezzata, sospesa dall’eruzione del Vesuvio quasi duemila anni fa. La chitarra dobro arricchisce e sottolinea la bellissima armonia della canzone, dal ritornello caldo e consolatorio.
Prendi questa mano, zingara ha un incipit chiaramente ispirato a “Zingara”, che vinse Sanremo nel 1969 .Anche questa canzone ha avuto trascorsi tempestosi proprio per la chiara allusione al successo della Zanicchi, che non fu gradito agli autori.
La canzone di De Gregori è uno sguardo al futuro, con occhi dubbiosi e velati, a scrutare quello che c’è oltre la notte. Le mani sinuose e gli occhi scintillanti della zingara promettono soluzioni che scaldano il cuore.
Fine di un killer è una ballata popolare , ispirata da antiche tradizioni, una filastrocca oscura ed obliqua, impreziosita dall’organetto di Ambrogio Sparagna che aggiunge suggestioni arcane e misteriose, e dal banjo, suonata dallo stesso De Gregori. La morte, raffigurata con la falce nella mano, sorridente, pronta a strappar via giovani vite, è raccontata con scarna levitá, un invito a danzare intorno al fuoco, a scacciar via la notte.
Ultima traccia è Battere e levare, che chiude il cerchio e il discorso. “Siamo come cani senza collare”, un po’ persi e dispersi, il tempo è volato via, forse abbiamo imparato a riconoscere una strada, se siamo fortunati.