Construction Time Again
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1. Love, in Itself 4:30
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2. More Than a Party 4:44
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3. Pipeline 5:55
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4. Everything Counts 4:22
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5. Two Minute Warning 4:14
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6. Shame 3:45
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7. The Landscape Is Changing 4:49
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8. Told You So 4:25
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9. And Then… 4:35
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10. Everything Counts (Reprise) 1:05
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1. Love, in Itself 4:30
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2. More Than a Party 4:44
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3. Pipeline 5:55
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4. Everything Counts 4:22
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5. Two Minute Warning 4:14
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6. Shame 3:45
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7. The Landscape Is Changing 4:49
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8. Told You So 4:25
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9. And Then… 4:35
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10. Everything Counts (Reprise) 1:05
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11. Get The Balance Right! 1:05
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12. The Great Outdoors! 5:03
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13. Work Hard 4:21
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14. Fools 4:16
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15. Get The Balance Right! (Combination Mix) 7:58
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16. Everything Counts (In Larger Amounts) 7:21
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17. Love In Itself.4 4:39
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18. Love, In Itself 4:30
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19. More Than a Party 4:44
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20. Pipeline 5:55
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21. Everything Counts 4:22
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22. Two Minute Warning 4:14
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23. Shame 3:45
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24. The Landscape Is Changing 4:49
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25. Told You So 4:25
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26. And Then… 4:35
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27. Everything Counts (Reprise) 1:05
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28. A Short Film: Depeche Mode : 1983 (Teenagers growing up, bad government, and all that stuff) 38:18
Construction time again, terzo album dei Depeche Mode, pubblicato nel 1983, è un punto di svolta, un momento cruciale
della carriera della band inglese per più di un motivo.
Innanzitutto, fotografa per la prima volta la formazione storica – quella decisiva – del gruppo,
accogliendo il nuovo membro Alan Wilder. Ma è anche il primo disco a seguire l’improvvisa
vocazione di Martin Gore e soci per le sperimentazioni industrial, una sorta di illuminazione
artistica avvenuta dopo che Gore aveva assistito ad un concerto della seminale band tedesca
Einstürzende Neubauten. E se la musica dei Depeche Mode cresceva e s’innovava fornendo un
punto di vista pop alle più radicali innovazioni della scena, la stesura dei testi non era da meno: fu
proprio con Construction Time Again, infatti, che il gruppo (Gore, in particolare) cominciò a fare
delle proprie canzoni riflessioni politiche tanto pungenti quanto irresistibili.
La prima traccia dell’album, scelta poi come secondo singolo, “Love, in Itself”, fa bella mostra di
un suono possente, denso di contaminazioni (affianca fiati e suggestioni orchestrali alla più
recente influenza industrial). Ma è anche una dichiarazione di maturità: il tema è affrontato con
abilità adulta, le ovvietà romantiche evitate sapientemente; la canzone odora d’inquietudine,
dettata da crescente consapevolezza.
“More Than a Party” rispecchia con ancora maggior chiarezza l’insoddisfazione di un’intera
generazione che comincia ad averne abbastanza di pantomime e silenzi (“You’ve kept us in the
dark for long enough”). Lo fa con l’aiuto di sonorità pressanti, dirette in un crescendo sinistro, che
proprio come la voce di Dave Gahan puntano il dito senza più timore.
La successiva” Pipeline” è forse la traccia che meglio fotografa l’influenza industrial scaturita
dall’incontro con le innovative produzioni di gruppi come i sopracitati Einstürzende Neubauten. E’
un pezzo muscolare, creativo manifesto della stessa possanza immortalata nell’immagine di
copertina.
Ma il vero punto focale dell’album è senza dubbio “Everything Counts” , singolo di lancio e classico
indimenticabile. Qui sotto i riflettori viene gettata l’industria musicale ma anche l’attitudine
universalmente ingorda di tempi sempre più corrotti. E’ una invettiva inclemente resa formidabile
da una melodia capace di entrare in testa per non uscirne più – è il primo brano del gruppo a far
leva su entrambe le sue due voci, con Gahan che declama le strofe e Gore che guida
l’indimenticabile ritornello. Con “Everything Counts” si assiste ad un trionfo di innovazione: i
sample si combinano ad una prodigiosa abbondanza di strumenti (con un Martin Gore più
poliedrico che mai, diviso tra melodica, xilofono e tanto altro ancora).
“Two Minute Warnin”g è invece il primo contributo del nuovo membro Alan Wilder, una raffinata
costruzione elettronica – synth ipnotici sostengono versi ermetici – che porta la sua inconfondibile
firma.
Quello che sarebbe col tempo diventato uno dei tratti distintivi di Martin Gore come autore,
invece, trova una brillante radice in “Shame”. L’atmosfera si rivela ora più sinistra che mai, pervasa
di un pessimismo incurabile: la canzone è costellata di immagini dal fascino malato, disfattiste
senza speranza alcuna. Le sferzate metalliche della musica sono tanto sottili quanto implacabili.
Con “The Landscape Is Changing” l’attenzione si sposta sulle questioni ambientali: è una chiamata
alle armi della consapevolezza, della lotta alla disinformazione, che cerca un linguaggio dal potente
espressionismo . “The landscape is crying, thousands of acres of forest are dying” canta Dave
Gahan, lanciando al contempo un’opportunità ed una sfida.
L’album della svolta si chiude con “Told You So” e “And Then. Se la prima rispecchia il
malcontento più cupo verso l’attualità, la seconda propugna un contagioso spirito propositivo,
invocando volontà rivoluzionaria nelle giovani generazioni. Nel momento stesso in cui hanno
cominciato ad osservarlo nelle sue pieghe più oscure i Depeche Mode si sono resi conto che il
mondo è tutto da ricostruire. E non hanno timore di cantarlo.