Are You Experienced
-
1. Foxey Lady 3:18
-
2. Manic Depression 3:43
-
3. Red House 3:51
-
4. Can You See Me 2:33
-
5. Love Or Confusion 3:12
-
6. I Don’t Live Today 3:54
-
7. May This Be Love 3:11
-
8. Fire 2:44
-
9. Third Stone From The Sun 6:44
-
10. Remember 2:49
-
11. Are You Experienced? 4:16
-
12. Hey Joe 3:30
-
13. Stone Free 3:36
-
14. Purple Haze 2:50
-
15. 51st Anniversary 3:16
-
16. The Wind Cries Mary 3:21
-
17. Highway Chile 3:32
Quando nel settembre del 1966 Jimi Hendrix sbarca a Londra nessuno può ancora immaginare le dimensioni del cataclisma che si sta abbattendo sulla scena musicale della città e non solo. Dopo il suo avvento nulla sarà più valutabile con i mezzi e i codici preesistenti, e a dire questo, negli anni, sono stati quei musicisti soprattutto inglesi che vissero in diretta l’ascesa di questo straordinario chitarrista e compositore. Nell’arco di pochi mesi Hendrix conquistò non solo prestigio internazionale, ma divenne una sorta di indiscusso re da emulare e poi, come la storia vuole, da detronizzare. E’ probabile che le spinte tese ad un rinnovamento della musica pop-rock abbiano avuto con l’apparizione di Hendrix una definitiva scossa: il suo primo 45 giri ‘Hey Joe’ viene pubblicato nel dicembre del 1966 quando le chart inglesi sono pervase, nelle posizioni di vetta, da Tom Jones con ‘Green green grass of home’, i Beach Boys con ‘Good vibration’ e lo Spenser Davis Group con ‘Gimme some lovin’‘. ‘Hey Joe’ è un bluesaccio, scritto da uno sconosciuto Billy Roberts, interpretato e stravolto da Hendrix con maniacale attenzione per il sound, quel sound che lascia già intuire le dimensioni dello tsunami che sta per investire Londra da lì a poco. La vera rivoluzione operata da Hendrix prima che musicale è nel sound, con il suo avvento anche il vocabolario si arricchirà di termini prima scarsamente utilizzati se non uso e consumo degli addetti ai lavori, nel dopo Hendrix le parole feedback, distorsore, wah-wah o leva del tremolo diverranno sempre più di uso comune perché andranno a definire alcune delle diavolerie sperimentate dal chitarrista di colore nel cui sangue scorrono anche delle chiare impronte derivate dai nativi americani. ’Hey Joe’ funge da semplice introduzione a quello che in uno studio londinese Hendrix sta preparando per andare ad abbattere un regno traballante come quello amministrato da un pop incastrato in regole antiche e probabilmente fossilizzate. Alcuni assaggi del lavoro che il chitarrista sta elaborando arriveranno prima nel marzo del 1967 con il singolo ‘Purple haze’ e poi, a ridosso dell’uscita dell’album “Are you experienced”, con una ‘The wind cries Mary’ nella quale si manifestano alcuni degli stilemi tipici di Hendrix. Il brano è affidato ad un tessuto chitarristico che si conforma ed articola in funzione dell’inevitabile assolo. Sempre a maggio esce finalmente l’album, proprio in quei giorni in cui la psichedelia, i figli dei fiori ed i primi segnali di insofferenza giovanile rendevano incandescente e stimolante non solo la scena musicale. In umide cantine alcuni giovani musicisti elaborano sound alternativi, è quello ad esempio l’anno d’esordio dei Pink Floyd, è l’anno di “Sgt. Pepper’s lonely hard club band’, del breve soggiorno londinese del vate della beat generation, Allen Ginsberg, che segue le incisioni di ‘We love you’ degli Stones il brano più summer of love della band. Nel frattempo è cambiata la moda, l’editoria, le droghe leggere e non si diffondono largamente e sempre più apertamente. I musicisti che hanno dato vita alla prima istanza di rinnovo vedono in Hendrix una sorta di guida: Clapton assiste ad uno dei suoi primi concerti e rimane impietrito, Paul McCartney dopo averlo ascoltato vuole imparare a tutti costi a suonare il blues, gli Stones non ne vogliono sapere ed arrivano a chiedere anche alle loro donne di non andare a sentire Hendrix, non vogliono essere influenzati. Jimmy Page o forse Jeff Beck ancora si rammaricano per non averlo mai visto in azione.
All’uscita di “Are you experienced” Hendrix viene salutato come un profetico chiaroveggente, un demone perspicace e stupefacente che sta elaborando astruse pratiche e teorie mai prima concepite. Ed è tutto vero, ascoltare oggi ‘Manic depression’ e collocarla indietro in quell’ effervescente 1967 è un esercizio caldamente consigliato, si può subito dopo affrontare ‘I don’t live today’ per cercare ancor oggi di capire che cosa sta pensando Hendrix sul finale del brano affidato al caos organizzato che solo lui sapeva gestire.
‘3rd stone from the sun’ può ancor oggi accompagnarci in un trip lisergico animato da oscure presenza, spesso Hendrix è contorto, tetro, incute paura ed in questo brano tra le torture procurate alla chitarra violentata in ogni suo centimetro e l’uso di effetti, si celebra l’avvento di un nuovo messia della chitarra, l’avvento di un musicista che nell’arco della sua breve vita sconvolgerà non solo il sound e la composizione, ma proietterà anche il ruolo del musicista in un diverso futuro. ‘Fire’ è invece una sorta di brano pop per come il pop possa essere inteso ed interpretato da Hendrix che in questo caso rispetta almeno la forma canzone. ‘Red house’ è il brano blues dell’album, puro blues inciso dal chitarrista in omaggio alle sue origini: però ad ascoltarlo bene siamo sicuri che sia blues e non un suo sosia? Nelle mani, nelle grandi mani di Hendrix, anche il blues trema nelle sue pur solidissime fondamenta. Il brano ‘Are you experienced?’ arriva con la sua carica di non-sense musicale, Hendrix non canta, ma recita, modula con la voce un testo dove risaltano le parole: ‘ma prima di tutto, sai di che parlo?/ Hai mai sperimentato qualcosa di simile?’ ed anche se può apparire scorretto estrapolare parti di testo ed isolarle, queste sono parole perfette per introdurre l’indecifrabile assolo del brano e probabilmente molta dell’esperienza, l’experience, hendrixiana. Si arriva poi a ‘Stone free’, ‘Purple haze’ composizioni ormai divenute indiscussi classici, brani da tempo ormai anche affidati alla storia del chitarrismo per le tessiture su cui poggiano e per gli sviluppi e le intuizioni che impreziosiscono degli assoli che molto somigliano ad astruse improvvisazioni . La storia di questo album e della sua scaletta non hanno trovato pace, come accadeva negli anni ’60 le edizioni britanniche e statunitensi erano molto diverse, nel caso di Hendrix anche in vari paesi europei e non solo, ‘Are you experienced’ fu pubblicato con sequenze di brani dissimili. Originariamente per il mercato USA l’album uscì, come sempre accadeva, anche con i 45 pubblicati precedentemente e con brani arbitrariamente tolti. Per trovare una soluzione a questo caos nel 2010, finalmente, è stata approntata una edizione critica pubblicata e patrocinata dalla famiglia Hendrix e non e certo casuale che uno sticker apposto sulla copertina originale dell’album porti la scritta “The authorised Hendrix family edition”. Sulle coordinate scelte per questa edizione, sono poi state assemblate le pubblicazioni degli altri album del chitarrista che in pochi anni di attività, con accanto prima Noel Redding al basso e Mitch Mitchell alla batteria poi sostituiti da altri musicisti, ha radicalmente capovolto, e più di ogni altro musicista dell’epoca, l’approccio alla forma canzone e l’approccio alla chitarra. Da tempo si discute e si elaborano teorie e valutazioni sulla figura di Hendrix, sull’influenza da lui avuta nel mercato musicale e, sugli effetti che ha determinato, almeno una indiscutibile certezza però ancora rimane: la sua è stata una presenza geniale, il suo spirito non ha mai smesso di aleggiare, influire ed influenzare e l’album dell’esordio ancora oggi queste convinzioni trasmette.