Binaural
Una band irrequieta, mai sazia, in continuo cambiamento pur rimanendo fedele alla propria storia e ai propri fan: i Pearl Jam di “Binaural” sono in una delle fasi più turbolente e creative della loro carriera.
Nel 1998 il gruppo ha terminato il tour di “Yield”, il primo “completo” dopo 5 anni e dopo la “pace armata” con TicketMaster, il distributore di biglietti a cui avevano fatto causa, perdendola, tempo prima. I Pearl jam si prendono un anno di pausa e tornano in studio alla fine del ’99. Il primo cambiamento è nella formazione: Matt Cameron, batterista dei Soundgarden, è di fatto ora membro stabile del gruppo: era entrato nel tour in corsa, sostituendo Jack Irons. Rimarrà nella band negli anni a venire, e diventerà una delle forze creative della band: quando i Soundgarden si riformeranno nel 2012, tornerà a suonare anche con loro. Ma nel 2014, quando entrambi le band andranno in tour in contemporanea, Cameron sceglierà i Pearl Jam e i Soundgarden si vedranno costretti a trovare un sostituto temporaneo.
La seconda scelta è quella di cambiare produttore: via Brendan O’Brien (che dopo “Ten” aveva lavorato a tutti i dischi del gruppo), in studio viene chiamato Tchad Blake, scelto proprio per le sue tecniche di registrazione “spaziali” sul suono, che daranno il titolo all’album: “Binaural”, appunto.
La lavorazione del disco è parecchio complicata: Vedder non riesce a scrivere, il classico blocco dello scrittore, McCready finisce in rehab per dipendenza da farmaci. Il processo di lavorazione è simile a “Yield” con una maggior libertà creativa a tutti i membri: solo 4 canzoni scritte da Vedder, ma ben 2 scritte interamente da Jeff Amen e ben 3 scritte interamente da Stone Gossard. La tecnica di registrazione di Blake viene applicata soprattutto sui brani più lenti e acustici, come il primo singolo “Nothing as it seems” (di Ament), ma si rivela inefficace sui brani più veloci, tanto che il gruppo è costretto a richiamare O’Brien in fase di missaggio su alcune canzoni.
Il risultato è un disco più vario di “Yield”, ma non meno bello: il rock diretto c’è ancora, ma è sempre più lontano dal grunge: “Binaural” si apre con “Breakerfall”, e un arpeggio di Rickenbacker, a cui seguono un numero più punk che da band di Seattle, “God’s dice”. Ma le vere perle del disco sono brani mid tempo come “Light years” (una commovente dedica ad un amico scomparso), il quasi-blues di “Nothing as it seems”, la psichedelia elettrica di “Parting ways” e quella acustica di “Of the girl” – ovvero quelli in cui si sente di più la mano di Blake alla produzione. La chiusura è Vedder da solo con il suo Ukulele: “Soon forget” anticipa una grande passione del cantante, che allo strumento dedicherà un album solista intero, anni dopo.
Il disco esce a maggio 2000, arrivando al secondo posto in classifica, ma è il primo del gruppo a non ottenere il Platino. Subito dopo la band parte in tour: con una decisione rivoluzionaria decide di pubblicare come bootleg ufficiale ogni concerto del tour. Non quello del 30 giugno, però: a Roskilde 9 persone muoiono schiacciate dalla folla, mentre sul palco del Festival si stanno esibendo i Pearl Jam. Il gruppo è scioccato, pensa allo scioglimento, ma elaborerà il lutto continuando a suonare, e scrivendo una delle sue canzoni più belle, “Love boat captain”, che finirà nell’album successivo, “Riot act”. Ma quella è un’altra storia, quella dell’ennesima rinascita dei Pearl Jam.