Canzoni Per Parlare
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1. Le Notti Di Maggio 3:38
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2. I Dubbi Dell’Amore 4:01
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3. I Miei Amici Stanno Al Bar 3:46
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4. La Vita Che Vuoi 4:29
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5. Fino A Fermarmi 4:00
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6. Il Tempo Non Torna Piu' 4:56
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7. Non Arrendersi 5:03
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8. La lettera che non scriverò mai 3:59
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9. Poverangelo 4:05
“Canzoni per parlare” è il disco della svolta per Fiorella Mannoia, l’album giusto al momento giusto, quello che ne stabilisce la fama di interprete più amata dai grandi cantautori italiani.
Spinto dal singolo “Le notti di maggio”, nel 1988 l’album arriva fino al sedicesimo posto in classifica. A parte il brano finale scritto dal produttore e compagno Piero Fabrizi, tutti gli altri portano firme di cantautori di grandissimo successo: Enrico Ruggeri, Ivano Fossati, Riccardo Cocciante, Ron. La ragazza che si è presentata sette anni prima a Sanremo con “Caffè nero bollente” indossando camicia e giacca dorate, e cantando un testo in cui si accennava all’autoerotismo, è diventata una grande interprete. Non importa il fatto che non scriva canzoni: quello che agli esordi considerava una mancanza, addirittura “una mutilazione”, diventa una benedizione.
Habitué del palco di Sanremo, nel 1987 Fiorella Mannoia presenta un inedito di Enrico Ruggeri e del suo chitarrista Luigi Schiamone. Si chiama “Quello che le donne non dicono” ed è destinata a entrare nella storia nonostante si fermi all’ottava posizione nella classifica della kermesse. È il primo segnale di quel che sta per accadere: Mannoia sta flirtando da anni con la canzone d’autore, per lo meno dal 1980 quando duetta con Pierangelo Bertoli in “Pescatore”, ma ora si ritaglia un ruolo tutto suo nel panorama delle interpreti italiane. Torna a Sanremo nel 1988 con un nuovo pezzo d’autore, “Le notti di maggio” di Ivano Fossati. È l’anno di “Perdere l’amore” di Massimo Ranieri e il pezzo si classifica al decimo posto, ma segna comunque una svolta. Fossati sta inaugurando una fase felicissima della sua carriera – è di quell’anno anche “La pianta del tè”, uno dei suoi lavori migliori – e Mannoia ha affinato a lungo le sue doti interpretative. Lei diventa un perfetto veicolo per la musica di Fossati e la canzone vince il Premio della critica.
È proprio “Le notti di maggio” ad aprire l’album pubblicato dopo Sanremo e a dargli il titolo (“Se questa è una canzone con cui si può parlare” è l’attacco del testo). Prodotto da Piero Fabrizi e arrangiato da Fio Zanotti e Celso Valli, è scritto per una buona metà da Enrico Ruggeri, co-autore tra le altre di “Il tempo non torna più” che vincerà la manifestazione Un disco per l’estate, di “La vita che vuoi”, una specie di “Quello che le donne non dicono” in miniatura, e di “I dubbi dell’amore”, una canzone “al condizionale” dove l’autore e l’interprete si lanciano in una serie di ipotesi su una relazione. Come altre colleghe, più di altre colleghe, Mannoia diventa il veicolo perfetto per brani scritte dai autori di sesso maschile in grado di veicolare sentimenti e sensazioni tipicamente femminili.
Oltre a firmare con Bruno Tirinelli la briosa “Non fermarmi”, Ron mette anche la voce in “Non arrendersi”, mentre Riccardo Cocciante firma le musiche di “I miei amici stanno al bar” e soprattutto “La lettera che non scriverò mai”, dove lascia il suo segno di compositore. Le canzoni, spiegherà anni dopo Mannoia all’Espresso, “le scelgo in base a quel che dicono. Sono un’interprete. Ciò che canto mi deve rappresentare. Rivendico con orgoglio di essere riuscita valorizzare brani che non avevano avuto l’attenzione che meritano”. Ivano Fossati descriverà a Repubblica una delle doti della cantante: “Il rispetto di quello che hai scritto e la totale identificazione con i tuoi pensieri. Lei non interpreta cose che non condivide: non vedo quale maggiore garanzia ci possa essere per un autore. Non posso pensare a una migliore ambasciatrice dei miei pensieri”.
Suonato da musicisti fra i più quotati come Paolo Gianolio (il futuro chitarrista di Claudio Baglioni, tra le altre cose), Danilo Madonia, Pier Michelatti, Lele Melotti e Fio Zanotti, l’album offre un’interprete matura e sensibile, emersa vincente da una gavetta quasi ventennale, in grado di rappresentare con credibilità complessi panorami interiori, capace di porgere le canzoni con il tono della conversazione intima, assieme sofisticata e popolare. “Canzoni per parlare” permette a Fiorella Mannoia di entrare nel club dei migliori, per così dire: grazie all’album si aggiudica la prima di una lunga serie di Targhe Tenco come miglior interprete.