Caution Radiation Area
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1. Cometa rossa 3:58
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2. ZYG (Crescita zero) 5:29
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3. Brujo 8:01
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1. Cometa rossa 3:58
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2. ZYG (Crescita zero) 5:29
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3. Brujo 8:01
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4. Mirage! 10:27
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5. Lobotomia 3:57
“Ragazzi, sono cazzi vostri”. Così il manager e promoter Franco Mamone si rivolgeva agli Area dopo avere ascoltato il loro secondo album “Caution Radiation Area”. Conteneva musica stranissima, che spaziava fra rock, jazz, world music, avanguardia ed elettronica. Aveva una copertina semplice e iconica, con un cartello di pericolo radiazioni e una spilla raffigurante il viso di Marilyn Monroe. Era un disco forte e ambizioso, destinato a durare nel tempo, ma di certo non era di facile ascolto e Mamone lo sapeva. L’album d’esordio degli Area, l’esplosivo “Arbeit Macht Frei”, conteneva l’inno “Luglio, agosto, settembre (nero)”, uno spiraglio grazie a cui entrare nel mondo della band. Il secondo disco, pubblicato nel 1974, non offriva facili appigli, né ganci melodici, né effettivamente canzoni vere e proprie. Quel “sono cazzi vostri” poteva essere tranquillamente rivolto anche ai fan degli Area.
Oltre quarant’anni dopo, “Caution Radiation Area” suona ancora come un disco difficile e pieno d’immaginazione. Si apre con un tema orientaleggiante, rielaborazione d’una danza tradizionale bulgara abbinata a un testo dove Demetrio Stratos rielabora un canto popolare proveniente dall’isola di Creta. “Cometa rossa” diventerà uno dei classici del gruppo, ma i quattro pezzi che seguono (durata media: 7 minuti) sono spiazzanti e tutt’altro che accattivanti. Gli Area evitano di imboccare la strada più facile e al posto di cercare di perfezionare la formula dell’esordio rilanciano con mezz’ora di musica che rappresenta un vero viaggio per chi l’ascolta, fra parti strumentali eccitate e la ricerca di Stratos, che proprio in quest’album comincia a usare la voce come strumento, distaccandola di fatto dall’uso espressionistico fatto nel pop. Un’altra novità riguarda la formazione. Il bassista Patrick Djivas, che ha lasciato il gruppo per fondare la PFM, è sostituito da Ares Tavolazzi e il gruppo s’avventura in territori inesplorati, come i cinque minuti e mezzo di rumori e voci alterate di “ZYG (Crescita zero)”, sulla “estetica del lavoro” come “spettacolo della merce umana”, che evolvono in una jam senza forma, con un tracciato ritmico complesso.
In “Caution Radiation Area” gli Area si misurano con la propria fantasia e il proprio talento di musicisti e al tempo stesso usano la musica per descrivere e persino reagire al mondo che li circonda. E così, collegandosi alla vicenda della terrorista tedesca Ulrike Meinhof e abbinandola all’idea dell’influenza occulta e violenta esercitata dai mezzi di comunicazione di massa, innalzano una sorta di muro di rumore elettronico nella traccia finale “Lobotomia”, talmente intensa da trasmettere un senso di disagio, specie nelle esecuzioni teatrali dal vivo. È musica che ambisce ad essere “totale”, colta ma slegata da ogni laccio accademico su ispirazione del maverick John Cage, popolare ma lontana dall’immaginario angusto della canzone italiana. Anzi, qui a differenza di “Luglio, agosto, settembre (nero)” non si può neanche più parlare di canzone, ma di musica contemporanea pop.
Album importante, a cui è stato dedicato un libro intero (“Caution Radiation Area: alle fonti della musica radioattiva” di Donato Zoppo, Aereostella), il secondo degli Area è un’opera coraggiosa, una scommessa da parte del gruppo che in qualche modo vuole educare e assieme scioccare l’ascoltatore senza ricorrere a facili slogan di certi cantautori e senza ridursi a offrire una narrazione cronachistica. Il disco offre a suo modo lo spaccato di un’epoca, gli anni ’70, ma può essere ascoltato anche solo e unicamente per le performance eccellenti a cavallo fra rock, jazz, elettronica, world music, avanguardia. E forse per una volta ha senso la definizione di musica d’arte.