Chocolate Kings
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1. From Under 7:29
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2. Harlequin 7:48
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3. Chocolate Kings 4:39
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4. Out On The Roundabout 7:53
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5. Paper Charms 8:30
A metà anni ’70, la Premiata Forneria Marconi è in tutto e per tutto un gruppo di livello internazionale, inserito nei circuiti dei colleghi inglesi e americani. Avvicinatasi già dal 1973 all’etichetta di Emerson Lake & Palmer, la Manticore, e a Pete Sinfield, tra le altre cose paroliere dei King Crimson, la band ha pubblicato versioni in lingua inglese delle proprie canzoni, ha accorciato il nome in PFM per renderlo facilmente pronunciabile dagli anglofoni, ha inaugurato una stagione di concerti in giro per il mondo entrando sia nella classifica inglese che in quella americana. Dopo il disco dal vivo “Live in Usa” (“Cook” all’estero), il gruppo effettua una lunga serie di concerti in America apparendo in locali leggendari, festival, programmi televisivi.
Tra il 1974 e il 1975 la PFM si prende una pausa per rimettere mano al progetto del gruppo. Fino a quel momento le parti vocali sono state distribuite fra vari componenti. L’idea è coinvolgere un nuovo elemento, un vocalist stabile e credibile per il pubblico anglofono, in grado di cantare perfettamente in lingua inglese. Per un certo periodo si carezza l’idea di coinvolgere il cantautore Ivan Graziani, ma alla fine la scelta cade su Bernardo Lanzetti degli Acqua Fragile, che in passato ha vissuto negli Stati Uniti. Con lui iniziano le registrazioni del nuovo album che verrà intitolato “Chocolate kings”. Le musiche sono composte dal chitarrista Franco Mussida e dal tastierista Flavio Premoli, con la collaborazione in un brano di Ivan Graziani.
La presenza di un vero frontman non è l’unica novità. Per la prima volta, la PFM non pubblica lo stesso disco in due versioni, una per il mercato italiano e una per quello anglosassone, ma in una sola versione cantata in lingua inglese. L’attacco è folgorante. Un veloce unisono lascia spazio alla voce di Lanzetti, il cui timbro ricorda quelli di Roger Chapman dei Family e di Peter Gabriel dei Genesis: “A lover collecting ladies / A poet connecting raindrops / A rock’n’roll star, a gambler’s seven / A saint on a train to heaven”. Fra interventi poetici del flauto di Mauro Pagani, interessanti cambi ritmici e pezzi di bravura degli strumentisti, dopo sette minuti e mezzo si arriva ad “Harlequin” che introduce, con piano elettrico, basso e chitarra acustica, la storia di un Arlecchino che guida una festosa rivolta di perdenti. Se gli otto minuti di “Out on the roundabout” rappresentano il tour de force del disco con una ottima performance di Mussida, “Paper charms” lo chiude in modo quasi liberatorio.
“Chocolate kings” è un album per certi versi ostico, senza grandi appigli melodici, il più progressive del gruppo italiano. I testi sono affidati a Mauro Pagani, a Lanzetti e all’americana Marva Jean Marrow. Quest’ultima è una musicista e cantautrice americana che si è trasferita a vivere da qualche anno di Italia ed è sotto contratto con la Numero Uno, l’etichetta di Mogol che pubblica la PFM. È legata sentimentalmente al bassista del gruppo Patrick Djivas, lavora come session man per il Francesco Guccini di “Stanze di vita quotidiana”, cura versioni in lingua inglese per Lucio Battisti, collabora con Eugenio Finardi. Il testo che più fa parlare è quello della title track che prende spunto dall’immagini dei soldati americani che ai tempi della Seconda guerra mondiale regalano barrette di cioccolato agli italiani per avanzare una critica al sistema capitalistico rappresentato dall’America.
La bandiera a stelle e strisce usata in copertina per avvoltolare una tavoletta di cioccolato non è l’immagine migliore per conquistare un paese che si appresta a festeggiare nel 1976 il bicentenario dell’indipendenza (in un copertina alternativa appare una sorta di Marilyn talmente grassa da risultare deforme). “Venimmo accusati di essere ‘commerciali’ – un’accusa che oggi appare una sciocchezza – e i testi in inglese rinfocolarono le polemiche degli anticapitalisti a oltranza”, scrive Franz Di Cioccio nel libro “Due volte nella vita”. “La cosa in questo caso è particolarmente curiosa, perché ‘Chocolate kings” era un disco molto critico nei confronti dell’american way of life. Parla dei ‘re di cioccolata’ vale a dire degli americani che hanno colonizzato l’Italia nel dopoguerra. Parlava del consumismo americano. Parla della supremazia americana nel mondo, ma senza demonizzare gli States, di cui venivano fuori anche gli aspetti più stimolanti e positivi. Insomma non era un manifesto politico, ma una riflessione critica”.
Alla popolarità oltreoceano non giova la partecipazione a un concerto per l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina nel gennaio 1976, al Palasport di Roma. Un giornalista di Billboard lo riporta e la cosa crea al gruppo qualche guaio negli Stati Uniti. Il potente promoter americano Bill Graham chiama il loro manager e dice di scordarsi altri concerti sulla West Coast americana. In Italia, al contrario, Lotta Continua grida allo scandalo perché la PFM ha ricevuto per l’esibizione romana un ingaggio di 4.250.000 lire e grazie alla manifestazione ha ottenuto “un alone di sinistra del tutto immeritato”. E così l’album che doveva rappresentare il definitivo trionfo del gruppo è mal visto dagli americani, che accusano la PFM di finanziare dei terroristi e non gradiscono i contenuti, e dagli italiani che li considerano americanofili per la scelta di cantare in inglese. In compenso, il tour mondiale porta il gruppo anche in Giappone e si chiude con un concerto alla Royal Albert Hall dove, durante le prove, i musicisti incontrano la Regina Madre. Una volta rientrati in Italia, Mauro Pagani lascia la band. È la fine di un ciclo.