Defenders Of The Faith
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1. Freewheel Burning 4:23
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2. Jawbreaker 3:26
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3. Rock Hard Ride Free 5:34
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4. The Sentinel 5:04
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5. Love Bites 4:47
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6. Eat Me Alive 3:34
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7. Some Heads Are Gonna Roll 4:07
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8. Night Comes Down 3:58
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9. Heavy Duty 2:25
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10. Defenders of the Faith 1:30
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11. Turn on Your Light 5:23
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12. Heavy Duty / Defenders of the Faith 5:24
Per chi volesse capire, davvero, cosa sia l’Heavy Metal, ecco a voi la Bibbia, la Parola.
Custodi, difensori della Fede Metal i Judas Priest, band britannica che per decenni ha cavalcato questa bestia furiosa e
l’ha dominata come pochissimi hanno saputo fare.
Siamo nel 1984, e i Judas Priest, già nell’olimpo musicale grazie ad album come “Screaming vengeance”, del 1982,
pubblicano un album capolavoro, considerato da tutti come il manifesto più puro e riuscito del Metal : Defenders of the
Faith.
Titolo che vuole essere dichiarazione di intenti, fede assoluta, dedizione totale alla causa .
Il risultato è un capolavoro, un album potente, scolpito, dove ritmo, melodia e tecnica impareggiabile si fondono in un
torrente di ottima musica. Impossibile ascoltare questo disco restando seduti, difficile non lasciarsi andare all’head
banking rischiando di fratturarsi la testa pur restando in piedi, stupefatti all’ascolto di ritmiche incalzanti, riff da
antologia.
Il disco si apre con con la potente “Freewheel burning”, una corsa veloce su un’autostrada per l’inferno sostenuta da riff
velocissimi di chitarra del duo Tipton e Downing, mentre la voce di Robert Halford tuona potente. Si percepisce che
siamo di fronte ad un classico da subito, e questa sensazione viene immediatamente confermata da “Jawbreaker”.
Traccia epica, ritmo serrato, metallo fuso scende dai riff di chitarra potenti e duri come asce che si incastonano alle
ritmiche. Il suono è lucido, il risultato devastante.
“Rock hard, ride free” è un inno solenne da cantare tutti insieme, un pezzo anthemico si, ma anche uno stile di vita, un
grido di libertà assoluta. Il brano è stato rifatto su un altro dei JP, “Fight for your life” , poi modificato in questa
riuscitissima versione .
Arriviamo così a “The sentinel”, un classico dell’heavy metal. Le immagini delle sentinelle pronte, appostate tra buio e
luce in questa dark song in cui va segnalato il duello solistico delle due chitarre al centro del brano, mentre la voce di
Halford, inarrestabile, sale di diverse ottave in un crescendo epico di chitarre e ritmiche.
“Love bites” è un brano controverso, interessante. Cupo, gotico, un midtempo dal ritmo sincopato che racconta i
pensieri più tortuosi e torbidi Robert Halford in odore di outing, mentre si torna a ritmi più veloci con “Eat me alive”,
Traccia di grande potenza, molto aggressiva, adrenalinica, con un ritornello volutamente grezzo ed efficace, si chiude
con le urla animalesche finali di Halford, da brivido.
“Some heads are gonna roll” è scritta da Bob Halligan jr, che aveva già regalato alla band “Take these chains”,
pubblicata in “Screaming for vengeance”. Potenza melodica, ritmo coinvolgente, chitarre che mordono, voce distruttiva
rendono questo brano un classico dei classici, mentre più atipica per i Judas Priest è la ballad “Night comes down”, dove
Halford usa toni meno usuali e la voce si fa calda, espressiva in un brano malinconico, crepuscolare, emozionante.
“Heavy duty” e “Defenders of the faith” si fondono in una sola traccia che chiude questo album/reference.
“Heavy duty” è un inno furioso, tecnicamente perfetto, dove caos primordiale, sudore e musica si fondono in un’unica
voce che potrà sfogarsi con “defenders of the faith”, brano che assume proporzioni gigantesche nei live, quando il
pubblico di fedeli dei Judas Priest, a mani levate, canta a gran voce questa canzone.
Sembrava impossibile superare il successo e la caratura di “screaming vengeance”, invece questa band icona, composta
da musicisti straordinari e forsennati ha tracciato un segno profondo e indelebile nella terra del Metal per sempre, con
questa opera che lascia il segno e molta terra bruciata intorno.