High Hopes
-
1. High Hopes 4:56
-
2. Harry’s Place 4:03
-
3. American Skin (41 Shots) 7:22
-
4. Just Like Fire Would 3:52
-
5. Down in the Hole 4:56
-
6. Heaven’s Wall 3:48
-
7. Frankie Fell in Love 2:45
-
8. This is Your Sword 2:49
-
9. Hunter of Invisible Game 4:40
-
10. The Ghost of Tom Joad 7:29
-
11. The Wall 4:14
-
12. Dream Baby Dream 5:00
Nel marzo del 2013 Bruce Springsteen è in tour in Australia. La sua E Street Band è in versione modificata: Little Steven è assente, per finire le riprese della sua serie TV “Lilyhammer”. Al suo posto c’è Tom Morello dei Rage Against The Machine, con cui ha già suonato in passato, ma in maniera estemporanea.
E anche in tour non si ferma: da qualche mese ha iniziato un nuovo progetto: un disco, che raccolga alcune delle canzoni scritte negli ultimi anni, ma non incluse nei dischi precedenti. Strada facendo il disco prenderà una piega diversa dal semplice “album di inediti”, perché alcuni brani inedito non sono. Diversi vengono incise nelle pause del tour, con quella formazione della E Street Band.
“High hopes” esce nel gennaio del 2014. La tracklist dice: 12 brani, di cui due cover, e due rielaborazioni di brani storici: “The ghost of Tom Joad”, che diede il titolo ad un album, e “American Skin (41 shots)”. Al tempo, la scelta suscitò diverse critiche: i fan scatenarono il loro lato più intransigente. Gli “hater” hanno rispolverato la loro teoria: dal vivo non si discute, ma Springsteen non azzecca un disco da secoli.
Invece, “High hopes” è un solido disco rock, che ritrae Springsteen in un momento di iperproduttività. Certo, in studio ha superato il climax della sua produzione di studio anche se l’ultimo decennio ci ha regalato almeno due gioielli (“The rising” e le “Seeger Sessions”).
Ma nonostante le sue origini, “High hopes” non è una raccolta raccogliticcia, anzi. Ha meno coesione narrativa – non ha un tema vero e proprio – meno politica e meno folk rock che in “Wrecking ball”. Il motivo di cotanto rock è proprio la presenza Tom Morello, musa ispiratrice dell’album: sua l’idea di rispolverare “High hopes”, vecchio brano semi-sconosciuto degli Havalinas, già inciso dal Boss per un EP negli anni ’90, così come la rivisitazione di “The ghost of Tom Joad”, che i due hanno spesso suonato assieme. Morello è presente a svisare con la sua chitarra in 8 canzoni su 12, con una iniezione di energia indubitabile per la E Street Band – che è presente tutta, presente e passata: compresi Clarence Clemons e Danny Federici, visto che tra le canzoni sono presenti brani incisi nel decennio scorso e terminati oggi, con tracce dei membri scomparsi. Il dato si riflette anche nei crediti di produzione, divisi tra Brendan O’Brien (che ha lavorato con il Boss da “The Rising” fino a “Working on dream”) e Ron Aniello (“Wrecking ball”).
Nel disco sono notevoli le cover, come “Just like fire would” della storica band australiana Saints, suonata unel tour del continente oceanico. Si apre con chitarre e violino, sulla falsariga di “Waitin’ on a sunny day” (una delle canzoni centrali dell’ultimo tour) e diventa un rock dritto e vecchio stile, in cui la chitarra di Morello rimane in secondo piano, fino all’entrata della tromba nel finale. Nella sua semplicità è forse la cosa più bella del disco: molto fedele all’originale, ricorda anche molto John Mellencamp. Chapeau per aver rispolverato questo gioiello. O come “Dream baby dream” dei Suicide, già brano di chiusura del tour di “Devils & dust”, dove veniva cantata semplicemente mandando in loop voci e organo a pompa. Qua è più suonata e meno cupa della versione originale, meno ipnotica della versione dal vivo, ma non meno affascinante di entrambi.
Tra gli originali, “Heaven’s wall” – un’altra canzone dritta, che si apre con un coro quasi gospel (“Raise your hand, raise your hand!), che poi diventa l’ossatura della melodia, con Morello si diverte con la sua chitarra o “Frankie fell in love”, rock dalle venature country. “Hunter of invisible game” ha il ritmo di un valzer e una narrazione complessa (Springsteen ne ha tratto un mini-film) e “The wall” – suona dal vivo in rare occasioni – è un’altra storia toccante: quella la storia di un vecchio amico che scompare in Vietnam.
Al momento, rimane l’ultimo disco di nuove registrazioni di studio di Springsteen, che negli anni successivi ha continuato a pubblicare box (come “The ties that bind”, dedicato a The River) e bootleg ufficiali dal vivo, ma continua a rimandare l’atteso nuovo lavoro. Con Springsteen le “high hopes”, le grandi speranze, non finiscono mai.