I lupi
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1. I lupi 5:01
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2. Motocross 5:30
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3. Zorro 3:05
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4. Ninna nanna dell’uomo 4:07
Amore, frontiere, finanzieri e contrabbando. Labbra rosse, seni pesanti, sorriso e capelli “fermi come il lago”. E una melodia intensa e classicissima, entrata nella storia della canzone italiana. “Lugano addio” è il primo capolavoro di Ivan Graziani, il pezzo sulla nostalgia e sul ricordo che ne rivela il talento di autore e non solo di musicista, nonché il primo di una serie di struggenti ritratti femminili. È contenuto nell’album “I lupi”, l’album dove finalmente il suo stile chitarristico e canoro trovano un perfetto equilibrio. “Se con questo album riuscissi a far capire il rapporto diretto cantautore-musicista, la necessità di non separare queste due situazioni musicali, avrei ottenuto abbastanza”, aveva detto dell’opera precedente. Vale anche per “I lupi”. Grazie a questo album e al lavoro di altri musicisti contemporanei a Graziani come Eugenio Finardi o Edoardo Bennato, nasce in Italia la figura del cantautore rock.
“I lupi” è il punto d’approdo dopo una lunga gavetta. Esce nel 1977, quando Ivan ha 32 anni. Abruzzese, folgorato dal rock’n’roll e dal beat, suona in vari complessi, come venivano chiamati all’epoca, da Nino Dale and His Modernists agli Anonima Sound con i quali pubblica 45 giri e partecipa al Cantagiro. I suoi coetanei di successo sono cantautori, lui è prima di tutto musicista. Per avere una chance si trasferisce a Milano. È il 1972 e nel suo repertorio c’è ancora rock’n’roll, nuovi 45 giri, un album chiamato “Desperation” pubblicato l’anno successivo con lo pseudonimo Rockleberry Roll, con testi in inglese. Non molti, purtroppo, lo notano quando pubblica il primo 33 giri in lingua italiana, “La città che io vorrei” e quando dà alle stampe un disco curioso di cover strumentali “Tato Tomaso’s Guitar”. Il titolo è un omaggio al primogenito del musicista, il contenuto passa da “Hasta mañana” degli ABBA a “Bella senz’anima” di Riccardo Cocciante.
Avvicinatosi al giro della Numero Uno, per la quale fa anche il centralinista, viene chiamato a fare il session man per l’album di Lucio Battisti “La batteria il contrabbasso eccetera”, quello della celebre “Ancora tu”. Suona in altri dischi importanti di Francesco De Gregori e Antonello Venditti, collabora con Premiata Forneria Marconi e Bruno Lauzi, pubblica il suo primo album di un certo peso. Si chiama “Ballata per quattro stagioni”, esce nel 1976, è prodotto da Claudio Pascoli. È il disco con il quale spera di far “capire il rapporto diretto cantautore-musicista”. Ci riuscirà l’anno successivo: il primo vero successo arriva con “Lugano addio”. Con la sua bella melodia, l’impasto di chitarre acustiche e pianoforte, il 45 giri arriva al diciannovesimo posto in classifica.
All’incisione dell’album “I lupi” partecipa Antonello Venditti, di cui Graziani ha aperto il tour di “Ullalla”. I due sono molto diversi: spavaldo uno, introverso l’altro; celebre uno, sconosciuto l’altro. Il legame è sincero e il risultato dell’incontro è un album più maturo del precedente. Graziani, dirà il cantautore romano, “riusciva a cantare sulla chitarra elettrica come nessuno in Italia sapeva fare”. L’album viene registrato allo studio Il Mulino nei pressi di Milano con musicisti come Hugh Bullen al basso, Claudio Maioli alle tastiere, Walter Calloni alla batteria, strumentisti fra i più attivi e apprezzati in quel periodo. Venditti mette le mani su pianoforte, Eminent e Hammond. “I lupi” si apre con la canzone che gli dà il titolo, un pezzo contro la guerra: ecco i lupi che calano in massa dalla montagna sulla campagna con “zanne come candidi pugnali” e l’ex soldato che dice alla madre di un commilitone che “eravamo in centomila e siamo tornati in sei”. Finisce con il soldato che spezza il fucile e la catena di violenza.
Registrato in meno di una settimana, il disco contiene almeno un altro pezzo destinato a ottenere una certa risonanza. È “Motocross”, una storia di ordinaria violenza raccontata con un misto di realismo e ironia. È apparentemente una vicenda di provincia come tante: il ragazzo che si sente invincibile in sella alla sua moto da cross. Alla festa del paese incontra una ragazza, “magra come un giunco, con i fianchi da bambina”, la porta in giro. Ora ha una moto e anche una donna, il momento è perfetto. Quando i due si appartano arrivano i complici della ragazza, “due tipi da galera” che gli rubano la moto e lo malmenano lasciandolo solo con tanta rabbia da ingoiare. “Evviva il cross, evviva il motocross” è il ritornello scarnificato che, ripetuto dopo l’epilogo, assume un significato amaro, mentre nella musica s’agita un intreccio vivace di chitarre e voci.
“I lupi” rivela Ivan Graziani come splendida anomalia in un Paese dove si è formata una cultura cantautorale che mette al centro il peso letterario dei testi e premia la canzone impegnata. Lui no. Lui racconta piccole e grandi esperienze di vita, non filosofeggia, e da ottimo musicista quale è cura gli arrangiamenti chitarristici infondendo un gusto raro e una fantasia che lo porta abbinare lo stile di Bo Diddley a suggestioni spagnoleggianti. “I lupi” è anche l’album del pezzo in dialetto “Ninna nanna dell’uomo”, di canzoni animate da parti strumentali importanti come “Il topo nel formaggio”, di immagini bizzarre e inattese che rendono alcuni testi non sempre comprensibili, di arrangiamenti elaborati come quello di “Il soldo”, di un altro ritratto di donna chiamato “Eva”. Graziani è anche un disegnatore. La copertina è però di Tanino Liberatore, “il Michelangelo del fumetto” secondo la definizione di Frank Zappa. È una specie di “Bat out of hell” in chiave abruzzese dove sono rappresentati i temi delle canzoni.