Introducing The Hardline According To Terence Trent D’Arby
-
1. If You All Get To Heaven 5:17
-
2. If You Let Me Stay 3:13
-
3. Wishing Well 3:30
-
4. I’ll Never Turn My Back On You (Father’s Words) 3:36
-
5. Dance Little Sister 3:54
-
6. Seven More Days 4:32
-
7. Let’s Go Forward 5:32
-
8. Rain 2:58
-
9. Sign Your Name 4:36
-
10. As Yet Untitled 5:36
-
11. Who’s Loving You 4:21
Ecelettico, teatrale, talentuoso, ispirato, illuminato, arrogante. Tanto è stato detto e scritto su questo cantante, polistrumentista, autore, performer newyorkese, che nel 1987 ebbe un debutto stellare con l’album “Introducing the hardline according to Terence Trent D’Arby”.
Usando frasi eclatanti e pericolose come “ Il più grande album di debutto da S.gt Pepper, dei Beatles”, Trent D’Arby fece il suo ingresso sulla scena musicale mondiale con un album che in due soli giorni raggiunse il milione di copie vendute, fino a sfiorare i dodici milioni, presenza fissa nelle zone alte delle hit negli Usa per più di un anno.
Effettivamente, “Introducing the Hardline” è considerato da pubblico e critica un album unico, prezioso, dove soul vintage, elettronica, pop e funk si fondono con molte altre venature musicali, dando vita a canzoni dalle bellissime melodie, dalle ritmiche catturanti, dallo stile perfetto.
A tutto ciò fa capo l’incredibile vocalità del cantante americano, che ricorda Sam Cook, e anche Michael Jackson, così come la sua capacità performante. Sospeso a metà tra un elfo dei boschi ed un sinuoso latin lover, Terence Trent D’Arby si muoveva sul palco usando la leggerezza atletica di Prince e la focosa sensualità selvatica di James Brown, artisti a cui senz’altro deve molto della sua formazione artistica.
La prima traccia dell’album “If you all get to heaven” mostra immediatamente alcuni degli stilemi presenti nell’opera: synth e strumenti elettronici mescolati al suono caldo e nervoso e alle ritmiche tipicamente black, la voce che si muove tra note roche e cavernose per poi inerpicarsi su falsetti irraggiungibili. Nel caso di “If you all get to heaven” poi, le radici gospel si fanno sentire (la mamma di TTD cantava in un coro gospel, impossibile non risentirne gli effetti).
A seguire, “If you let me stay” , di sapore pop soul , in cui i suoni sono tipicamente anni ’80,mentre l’uso dei fiati a contrappunto è di matrice più funky. La melodia è leggera, piacevole, la prova vocale si muove tra la preghiera e l’assalto appassionato.
“Wishing well”è un brano conosciutissimo, un soul raffinato dal beat dance, che si ispira allo stile asciutto e di gran classe di Prince. Il riff fischiettato rimane impresso nella memoria così come l’andamento levigato e insieme prorompente della canzone.
“I’ll never turn my back on you” è sottolineato dal bel basso tapping e dal riff di chitarra. D’Arby guarda indietro al suo passato, ricorda una lettera di suo padre . Parole di amore, consigli per la vita, un caldo abbraccio che non smetterà mai.
La travolgente “Dance little sister” conferma che siamo alla presenza di un disco importante, in cui gli insegnamenti della Motown e dei maestri dell r’n’b sono stati ben assimilati e rivisitati.
Otis Redding e James Brown sono i padri di questa traccia, animalesca, fresca, ardente e teatrale. L’arrangiamento è affidato a pochi strumenti, il risultato è maestoso, una rete perfetta di suoni e ritmiche che sostengono la voce ed il groove del cantante statunitense, che coinvolge e non perdona.
“Seven more days” è ancora un’occasione per sfoggiare capacità musicali istintive di rara qualità. La voce graffia come sabbia bollente, si innalza al cielo e ricade in onde che cullano, aiutate dalle ritmiche martellanti e dall’arpeggio delle chitarre, “Let’s go forward” è una composizione più intima, si parla d’amore, la voce si fa morbida, l’atmosfera soffusa, il ritmo è sostenuto ma smussato dalle ritmiche appena accennate.
Con “Rain” si torna ad un andamento più serrato, una marcia funky con qualche granello di sale caraibico, sotto la pioggia che prima o poi andrà via.
“Sign your name” è un capolavoro di poetica romantica, di sensualità amplificata dall’arrangiamento scarno, si, perchè la canzone è talmente bella da non aver bisogno di alcun abbellimento e di particolare sostegno armonico, cammina e scivola da se’, come seta pregiata.
Quindi, bastano le percussioni minimali ed una synth line efficace ed elegante, al resto pensa la voce di TTD, ed il gioco è perfettamente riuscito.
.Questo singolo ebbe grandissimo successo, soprattutto in UK, dove rimase ai vertici della classifica a lungo.
Con “As yet untitled” si torna alle radici della musica black, da dove tutto ebbe inizio. Gospel, blues e soul si abbracciano in questa canzone che suona, rigogliosa, grazie al solo uso dei cori e del canto magistrale e stupefacente, tutto anima, di Trent D’Arby, che si leva dolente fino al cielo. Una prova di talento e di sensibilità unica, religiosa, commovente.
“Who’s loving you” è un classico, scritta e cantata da Smokey Robinson negli anni ’60 e ripresa da moltissimi interpreti di grande pregio.
Anche nella riproposizione di questo brano Terence Trent D’Arby conferma il suo incredibile talento, e il risultato non ha nulla da invidiare all’originale. La voce è percorsa da un brivido animalesco , la texture della voce è piena, calda, rauca ed avvolgente, cresce e si eleva verso vette altissime, chiudendo in bellezza un disco che è rimasto nella storia.