Invincible
Nel 2001 Michael Jackson sembrava davvero “Invincibile”, almeno musicalmente – pur con tutte le sue note fragilità personali. Invece quello che uscì ad ottobre del 2001 sarà l’ultimo album di studio: il re del pop, scomparirà nel 2009, dopo anni tormentati e alla vigilia del suo ritorno con “This is it” e senza avere pubblicato altri album mentre era in vito.
“Invincible”, a sua volta, al tempo venne presentato come un ritorno: Jackson non pubblicava materiale nuovo da “Blood on the Dance Floor: HIStory” del ’97; un disco di inediti mancava dal ’95, da “HIStory: Past, Present and Future, Book I”, un doppio con una raccolta in un CD e 15 nuove incisioni nell’altro. Il disco di inediti successivo ad “Invincible”, “Michael”, uscirà postumo il 10 dicembre del 2010 come un collage di brani registrati in diversi momento della carriera.
La lavorazione di “Invincible” fu complicata e lunga: durò quasi 4 anni, iniziando nel 1997. L’ultima canzone venne incisa solo otto settimane prima della pubblicazione. Jackson usò 10 diversi studi, spendendo oltre 30 milioni di dollari (oltre a cui ne vennero spesi altri 25 per promuovere il disco).
E per essere davvero invincibile Jackson mise insieme una sorta All-Star team della produzione pop, a partire da Rodney Jerkins, fautore del successo di artisti come Britney Spears e Destiny’s Child, che co-firmò sei canzoni: su 16 brani, 11 portano la firma di 4 o più scrittori.
Jackson riuscì a scomodare, dall’oltretomba, Notorius B.I.G., la cui voce appare (seppure virtualmente) nella traccia d’apertura del disco, “Unbreakable”. Michael chiamò pure Santana in “Whatever happens”, Babyface per gli arrangiamenti di “You are my life”, e la nuova stella dell’r’n’b a stelle e strisce R. Kelly (al tempo lontano dagli scandali che ne avrebbero segnato la carriera) che firmò “Cry”.
La scelta fu quella di fare un album vario come il team di collaboratori: il disco si apre con una virata r’n’b di Michael (le prime tre tracce del disco, “Unbreakable”, “Heartbreaker” e “Invincibile”, vedono tutte e tre Jerkins in veste di produttore) e ammicca al pop del periodo, senza tralasciare le atmosfere più rilassate di “Break on dawn” o “Heaven can wait”.
Da notare in “Invincible”, la dedica fatta da Michael all’icona vivente della musica nera Quincy Jones: “Con grande affetto al nostro amico Quincy Jones… Musicalmente ed umanamente, sei stata una grande fonte di ispirazione per tutti noi. Hai sempre detto: ‘La musica innanzitutto’. Ti ringraziamo profondamente per questo consiglio”.
Quello che successe dopo il disco, però non fu “La musica innanzitutto”, purtroppo. Nonostante il budget gigantesco, il disco venne promosso in maniera discontinua per via dei contrasti con l’etichetta. Fu anche l’unico album di Jackson a cui non seguì un tour: inizialmente programmato venne cancellato sia per lo stesso motivo, sia per il clima derivato dagli attacchi dell’11 settembre. Per tutti questi problemi, Jackson arrivò ad accusare il presidente della Sony Tony Mottola di razzismo.
Sebbene le critiche del tempo non fossero del tutto positive (spesso venne fatta notare l’eccessiva lunghezza – 77 minuti – e la mano troppo pesante di Jerkins), il disco venne poi rivalutato in seguito, tanto che i lettori della ibbia del music-biz Billboard lo incoronarono addirittura disco del decennio.
“Invincible” in realtà mostra l’ambizione smisurata che valse a Michael Jackson il titolo di “Re del pop”. Non è il capolavoro di Jacko ma è comunque una delle ultime testimonianze della visione e di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi.