La Pianta del Tè
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1. La pianta del te' 5:51
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2. Terra dove andare 3:35
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3. L’Uomo Coi Capelli Da Ragazzo 3:37
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4. La Volpe 3:53
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5. La Pianta Del Te’ (Parte Seconda) 3:44
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6. Quei Posti Davanti Al Mare 4:36
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7. Le Signore Del Ponte-Lance 2:12
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8. Chi Guarda Genova 6:03
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9. La Costruzione Di Un Amore 4:19
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10. Caffe’ Lontano 2:53
Parliamo di Ivano Fossati, uno dei più grandi, sensibili autori del nostro panorama musicale di sempre.
Artista, anima bella, musicista raffinato, ha scritto versi capaci di scavare solchi profondi nelle nostre anime,
le sue parole sono riflessioni, specchio di sentimenti impossibili da spiegare per noi, esseri comuni ,che
raccogliamo con commozione e gratitudine questo patrimonio di emozioni, bagaglio delle nostre vite.
Uno dei dischi più significativi della lunga carriera di Fossati è La pianta del tè, pubblicato nel 1988.
In questo album l’autore sperimenta l’uso di suoni etnici in miscellanee originali, inusitate, con risultati
piacevoli, nuovi, che verranno poi ulteriormente approfonditi, riproposti in altre forme, versioni, negli
album che seguiranno questo.
E proprio queste atmosfere orientali , percussioni, flauto andino, echi di terre lontane , ci avvolgono già nel
brano che apre il disco. La pianta del te’. Il viaggio, tema spesso affrontato da Fossati , è un viaggio dentro,
alla ricerca di se’, il viaggio che non finisce mai, quello più grande e che ci porta più lontano, davvero. La
musica fluttua e sedimenta come profumi di incenso, sa di deserti e di mare. La pianta del te’, questa
piccola piante “dalle piccole foglie”, il suo odore, la sua esoticità, la sua semplice essenzialità, la sua
personalità, così sottile e insieme così unica, sembra essere una metafora della nostra vita, che irradia luci
diverse, infinite, strade che si intersecano e si disperdono, odori che respiriamo e dimentichiamo, fortune
che perdiamo, battiti e passi infiniti.
Terra dove andare . Fisarmonica e ritmi caraibici fusi in questa canzone che parla della ricerca di un giovane
di spazio, di futuro, in una dimensione dove terra e spazio non ci sono più, dove il futuro è un nemico
incomprensibile, un’equazione di cui diffidare. Il ragazzo è tutti noi, che non abbiamo “scarpe per
continuare a ballare”. Che belle immagini che sa trovare Fossati, una danza che parla di disperazione, una
poesia che parla di solitudini e paure.
E ancora immagini che parlano direttamente all’anima in L’uomo coi capelli da ragazzo. Atmosfere sospese
un sogno ad occhi aperti , parole scandite, sillaba per sillaba a supportarne il peso, Percussioni che
incedono, lente, maestose a sottolineare questo cammino all’interno di noi stessi.
Ritratti indimenticabili di personaggi eterni, scolpiti , vite e sensazioni , atmosfere che cambiano in
continuazione come il tempo, come le stagioni. La volpe è introdotta da un bellissimo arpeggio sostenuto
da percussioni e campanelli d’oriente. La canzone ospita la voce di Teresa de Sio, che si fonde alla
perfezione a quella di Fossati nella narrazione di una attesa infinita. L’attesa di un amico, una voce un
ritorno.
La pianta del te’, parte seconda è strumentale, quasi una sosta del viaggio, una pausa all’ombra dei propri
pensieri. Il flauto andino si carica di un lirismo antico, suggestivo, dolente e riposante, come un orizzonte
lontano tra le dune, da osservare in silenzio, con l’anima sospesa.
Il ritmo si fa più carico e pressante in Quei posti davanti al mare. Il mare è importante nei viaggi, è
importante per chi, come l’autore, viene da una città come Genova, perchè il mare porta storie e genti
lontane, perchè tutto va e torna, come il mare, che sa raccontarsi a chi sa ascoltare. Ospiti di eccezione in
questa bella composizione, De André e De Gregori.
Le signore del Porte Lance , che stanno in piedi sulla nave che lascia la Francia, continua questo viaggio
ideale. Canzone elegante, solo piano e voce, le parole in italiano ed in francese , ricorda De Gregori, ricorda
Paolo Conte, nelle immagini proposte, i bei foulard delle signore, il capitano questo brav’uomo. Una piccola
canzone sul tempo che passa, e su noi, marinai che navighiamo questo immenso mare.
Ancora flauti, e ritmi di caraibi , chitarre e ritmiche sincopate per Chi guarda Genova. Fossati, come De
André, come Lauzi, la sanno proprio raccontare bene, questa città ostica, misteriosa, chiusa. Le strade di
Genova sono strette, labirinti di storie antiche e nuove, e il mare, il mare, che soffia e profuma e bagna, e
porta navi e genti.
La costruzione di un amore è una canzone bellissima, l’interpretazione pensosa, dolente, trascinate di
Fossati è da brividi. Un arrangiamento giustamente minimale sorregge un testo indimenticabile, ogni parola
è come goccia d’acqua benedetta. La descrizione che ci regala di un sentimento abusato e ripetuto fino alla
semplificazione più banale è solo da ascoltare, sarebbe fare un torto all’autore cercare altre parole a
spiegare le sue.
Caffè lontano chiude l’album. Arpa celtica, atmosfere sospese circondano la riflessione di un uomo seduto
ad un caffè. Canzone di amore condiviso , vissuto, evocato, a chiusura di questo viaggio unico , come a dire,
chissà, forse l’amore è il nostro irrinunciabile porto d’arrivo.