Luigi Tenco
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1. Vedrai, Vedrai 3:30
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2. Ciao amore, ciao 3:03
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3. Angela 2:44
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4. Lontano, lontano 2:42
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5. Se Sapessi Come Fai 2:52
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6. Se Stasera Sono Qui 3:00
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7. Mi sono innamorato di te 2:41
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8. E Se Ci Diranno 2:20
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9. Come Le Altre 2:57
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10. Quando 2:57
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11. In Qualche Parte Del Mondo 2:38
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12. La Mia Geisha 3:21
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1. Io Si 3:22
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2. Io Sono Uno 2:30
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3. 2:39
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4. Cara Maestra 2:38
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5. Isy 1:56
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6. Io Vorrei Essere La 2:50
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7. Ti Ricorderai 2:12
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8. Il Mio Regno 4:05
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9. Tra Tanta Gente 2:36
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10. I Miei Giorni Perduti 3:20
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11. La Mia Valle 2:38
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12. Averti Tra Le Braccia 3:07
Nel 1966 Luigi Tenco presentò a “Un disco per l’estate” una nuova canzone. S’intitolava “Lontano lontano”, era arrangiata da Ruggero Cini ed eseguita con i Cantori Moderni di Alessandroni su un ritmo in tre. Era una canzone d’amore struggente, diversa però dalle altre, priva di sentimentalismi. Non passò alla seconda fase della manifestazione, ma divenne il pezzo più popolare di Tenco. Oggi è una delle sue canzoni-simbolo, scelta come sigla della rassegna sanremese che porta il suo nome. Ed è anche il brano che apre l’ultimo album che il cantautore ha pubblicato in vita.
“Tenco” uscì nel 1966. In copertina, il cantante appariva con la testa reclinata, i capelli spettinati, l’espressione corrucciata. Dentro, una dozzina di canzoni mostravano un autore romantico e arrabbiato, ma in modo amaro, esistenzialista, un sensibile e spietatamente franco con i propri sentimenti e le ipocrisie altrui. È quel che accadeva in “Lontano lontano”, che tratta il tema della lontananza non nello spazio, ma nel tempo. Il testo è proiettato nel futuro, con l’immagine dell’amata (e con un po’ di immaginazione, anche di noialtri ascoltatori dopo la morte di Tenco) che un giorno si ricorda improvvisamente del cantante: “L’espressione di un volto per caso ti farà ricordare il mio volto”, “una sera sarai con un altro e ad un tratto, chissà come e perché, ti troverai a parargli di me”.
Il romanticismo spicciolo non faceva per Luigi Tenco e il suo ultimo album ce lo ricorda. Il cantautore usa un linguaggio quotidiano, poco incline alle smancerie dei colleghi. In “Uno di quesi giorni ti sposerò”, ad esempio, arriva a concepire questo verso: “Un giorno di questi ti sposerò, stai tranquilla, così tu avrai diritto di avere quelle cose che adesso io ti do soltanto perché t’amo”. A volte il suo sguardo lucido fissa l’abisso, come un “Un giorno dopo l’altro”, con parole spietate e definitive: “Un giorno dopo l’altro la vita se ne va, domani sarà un giorno uguale a ieri”. A volte Tenco è malinconico, forse è persino rassegnato in una canzone che tratta apparentemente di speranza come “Vedrai, vedrai”. Era già stata inclusa in altra versione nell’album del 1965 “Luigi Tenco”. L’anni dopo, diventa un pezzo per voce, pianoforte e chitarra, la confessione di un uomo che evoca una possibilità di rivincita di fronte a una moglie, a una fidanzata, a una madre delusa: “Non so dirti come e quando, ma vedrai che cambierà”.
Dal disco emergeva anche la vena di impegno civile del cantante, un lato per il quale veniva criticato. “Mi è stato detto che sono un mistificatore, uno che fa la finta protesta per guadagnarci i soldi”. Questa vena protestataria e giovanile – Tenco aveva 28 anni – emerge in pezzi come “Ognuno è libero” e “E se ci diranno”. Il primo, anche retro di un 45 giri con “Lontano lontano” sul lato A, è un manifesto di libertà, sebbene espresso col linguaggio semplice dell’epoca e ricorda i temi di “Come potete giudicar” dei Nomadi. Il secondo è un pezzo contro la guerra, il razzismo, la sopraffazione. Però, diceva Tenco in quel 1966, “in Italia i tempi per la canzone di protesta non sono ancora maturi. Gli autori sono abbarbicati a vecchi schemi e non hanno il coraggio di rinnovarsi, forse per mancanza di ispirazione, forse perché le esigenze commerciali li hanno travolti”.
Tenco voleva rinnovarsi e il sound dell’album tiene conto dell’evoluzione che la canzone d’autore sta vivendo soprattutto negli Stati Uniti, dove si è spostato il cuore pulsante del songwriting e a cui guardano anche gli autori italiani, tradizionalmente innamorati degli chansonnier francesi. E così in “Io sono uno”, per fare un esempio, riecheggia il folk-rock. La ritmica si fa più marcata, le chitarre sono amplificate. Altrove si sentono echi di beat, come nell’autoritratto “Io sono uno” e in “Ognuno è libero”. La musica sta cambiando, anche in Italia.
“Tenco” è pieno di canzoni che verranno interpretate in futuro da big della musica italiana. Alcune vengono tradotte in altre lingue, a partire da “Un giorno dopo l’altro” che nella versione francese “Le temps file ses jours” diventa sigla dello sceneggiato televisivo sulle inchieste del commissario Maigret, da Simenon. Nell’estate del ’66, Tenco conosce la cantante francese Dalila, alla quale propone di interpretare una sua nuova canzone, diversa dalle altre, che verrà intitolata “Ciao amore, ciao”. Nel gennaio 1967 i due la portano al 17° Festival di Sanremo. La canzone viene eliminata e il resto, purtroppo, è storia.