The Colour And The Shape
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1. Doll 1:23
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2. Monkey Wrench 3:51
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3. Hey, Johnny Park! 4:08
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4. My Poor Brain 3:34
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5. Wind Up 2:31
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6. Up In Arms 2:15
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7. My Hero 4:20
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8. See You 2:27
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9. Enough Space 2:36
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10. February Stars 4:49
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11. Everlong 4:10
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12. Walking After You 5:04
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13. New Way Home 5:40
Dave Grohl è certamente un gran personaggio, coraggioso e ricco di talento e fiducia nel suoi mezzi. Non sarebbe stato facile per nessuno riemergere praticamente illesi dalle ceneri di un fenomeno musicale epocale come i Nirvana, tra l’altro finiti in tragedia, per cui ammantati da una ancor più pesante coltre leggendaria. Restare schiacciati dal passato e sparire nell’oblio oppure limitarsi a vivacchiare ai margini della scena che conta, sarebbe stato un epilogo per nulla sorprendente per chiunque, ed invece il buon Grohl si è rimboccato le maniche e si è reinventato alla grande, senza rinnegare nulla nè speculare cinicamente. Ricominciare con una carriera artistica di grande successo è parsa per lui la cosa più naturale, ed i suoi Foo Fighters sono qui a dimostrarlo. Simpatico, intelligente, metallaro dichiarato, impegnato e attento, ha tolto dal piatto della sua vita il disco chiamato Nirvana ed ha messo su quello nuovo di zecca, che porta il nome dei fenomeni volanti luminosi inspiegabili avvistati dall’aviazione militare nei cieli d’Europa durante la seconda guerra mondiale: Foo Fighters appunto. “The Colour And The Shape” è uscito nel maggio 1997 ed è il secondo capitolo della ormai nutrita discografia del gruppo statunitese, che però in occasione dell’esordio omonimo tanto “gruppo” non era, visto che Grohl si era occupato di tutti gli stumenti oltre che di cantare. Trovati gli opportuni compagni d’avventura nelle persone del bassista Nate Mendel, del batterista William Goldsmith (entrambi provenienti dai disciolti Sunnt Day Real Estate) e del chitarrista Pat Smear, che aveva suonato come turnista nei Nirvana in sede live, il gruppo, coadiuvato dal produttore Gil Norton (Pixies, Echo & The Bunnymen, Counting Crows e Terrorvision, tra gli altri), si chiude in studio per registrare questo disco, con materiale praticamente già pronto, tutto a firma del leader. Una prima sessione di registrazioni viene ultimata, ma Grohl non è soddisfatto e tutto viene ri-registrato daccapo, specie le parti di batteria, che reincide personalmente, suscitando il malcontento di Goldsmith, che lascia la band, sostituito giusto in tempo per la pubblicazione dell’lp e l’inizio del relativo tour dall’ex Alanis Morrisette Taylor Hawkins. “The Colour And The Shape” riscuote un enorme successo internazionale, mettendo in luce una maturazione da parte del leader sia a livello compositivo, che tecnico che, soprattutto vocale e lirico, limando le asprezze dell’esordio e compiendo un certo salto di qualità come autore a tutto tondo. L’album si apre con lo scherzo dolce e melodico “Doll”, che in poco più di un minuto riesce a terrorizzare gli ascoltatori timorosi di una svolta tanto radicale da parte dei Foo Fighters. “Monkey Wrench” – scelta come singolo apripista – fuga ogni dubbio col suo punk rock moderno, facile e frizzante, lineare e diretta, mai troppo cattiva, ma piena di energia e di slancio arrembante dal piglio pop non privo di gusto. “Hey, Johnny Park!” è un rock melodico con aperture rabbiose nel ritornello, caratteristica poi divenuta peculiare nello stile della band, dalle chitarre piene e compatte, sorretto da una sezione ritmica dinamica ma solida e massiccia, se si vuole più duro del brano di apertura, con lontane reminiscenze nirvaniane nella struttura, sebbene in una accezione che occhieggia senza timori ad un mercato che sia il più ampio possibile. Seguono “My Poor Brain” e “Wind Up”, la prima una sorta di hard rock melodico in cui l’energia viene sapientemente dosata in un saliscendi impatto/calma in cui la parte muscolare prende il sopravvento toccando un apice finale ben solido e d’impatto; la seconda regala scariche elettriche ad alto dosaggio, risultando tra gli episodi più duri dell’intero lotto, sebbene sia ben evidente l’appiglio catchy, specie nei ritornelli. Allegra, diretta e scanzonata, “Up In Arms” si consuma vivacemente in poco più di due minuti, permettendosi anche il lusso di un buon assolo di chitarra nel suo schema punk rock adolescenziale che ricorda qualcosa dei Buzzcocks. “My Hero” è intensa e drammatica, dalla profonda carica melodica resa però più tesa dall’incedere cadenzato di batteria, inspessito da un efficace giro di basso e da un riff “circolare” che ne sottolinea il potenziale evocativo e ne accresce il sentore quasi epico, nel suo pagare un credibile tributo ai Pixies. Di nuovo ariosità quasi giocosa in “See You”, swingata leggera tutta ritmo e stile e priva di chitarre distorte: una sorta di divertissment quasi unplugged. “Enough Space” riprende il canovaccio ad alto tasso elettrico in pieno Foo Fighters style, tra pause di calma apparente alternate a strappi di incisivo ed arrabbiato rock moderno ed un cantato che non si risparmia. “February Stars” è una bella ballad dolce e pacata, con Grohl quasi a sussurrare il testo come lo cantasse ad un bimbo per farlo addormentare, almeno fino all’apertura elettrica, ricca di pathos melodico intenso e sentito. Cosa dire di “Everlong” che non sia già stato detto: singolo arcinoto, celebrato anche in un videoclip davvero notevole firmato dal talento visionario di Michel Gondry, manifesto ideale del modo di intendere il rock dei Foo Fighters, così innamorato del pop ma non per questo banale e privo d’anima. Corposo e trascinante, il brano decolla sulle ali di una raffinatezza che non lascia nulla al caso, pur nella sua apparente disarmante semplicità. Atmosfera rarefatta ed acustica per la deliziosa “Walking After You”, un piccolo gioiello di semi-ballad dal retrogusto grunge, se mi si consente l’ardire, a metà tra evocazioni anni ’70 e brano da suonare in spiaggia, intorno al fuoco, in una notte d’estate piena di stelle. Parte in pieno mood beatlesiano “New Way Home”, che nel suo sviluppo prende connotazioni vicine a certi Police, specie nel crescendo finale, che sale da toni pacati e rarefatti e via via accelera e si incattivisce fino a tramutarsi in un vivo ricordo dei Nirvana.