Nato a Roma nel 1968, Daniele Silvestri si è fatto conoscere a metà anni Novanta con uno stile da subito inconfondibile. Già nei primi passi mossi nel 1994 si potevano leggere chiaramente promesse consistenti, quelle di un artista che si sarebbe presto confermato uno dei più importanti cantautori dell’Italia contemporanea.La carriera di Daniele Silvestri ha il suo punto di partenza in un palco prestigioso che l’artista romano è tornato più volte a calcare nel corso degli anni. Risale infatti al 1994 la sua prima partecipazione al Festival di Sanremo, in occasione della seconda edizione di Sanremo Giovani. La sua” Voglia di Gridare”, brillante composizione a metà tra la meta-canzone e l’anti-inno, si conquista la partecipazione al Festival dell’anno successivo.
Michael Jackson si è conquistato un titolo – quello di Re del Pop – che nessuno sembra in grado di portargli via. Con lui il tanto bistrattato pop è diventato una realtà in grado di cambiare la storia dei generi musicali, anche i più impensabili. E’ diventato un istinto irrefrenabile sapientemente coreografato e lanciato sul mondo per cambiarlo.
Tra le fila dei più ispirati un posto va assegnato senz’altro a Luca Carboni, classe 1962, che fa il suo esordio nel 1984 con il bell’ album “…e intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film”.Tenuto a battesimo da musicisti come Ron e Gaetano Curreri degli Stadio, curato amorevolmente da un padrino d’eccezione come Lucio Dalla, che da’ il suo riconoscibile imprinting, Luca scrive la quasi totalità dei brani.
Impossibile racchiudere in poche righe l’incredibile carriera artistica di Massimo Ranieri , il suo talento. Passione, musicalità , poesia, istrionismo, malinconia antica, professionalità , estro, sono solo alcuni aggettivi per poter provare a raccontare un artista che è in scena da più di quarant’anni e continua a creare, coinvolgere , stupire ed emozionare .
1966: Uno sconosciuto diciannovenne inglese, che suonava il sassofono e coltivava multiformi aspirazioni, decise di abbandonare i propri dati e trovarsi un nome d’arte. Scelse così di appropriarsi del cognome del pioniere americano James Bowie, famoso anche per aver dato il nome all’omonimo coltello.
Il diciannovenne neonato David Bowie avrebbe di lì a poco firmato il suo album di debutto, una mescolanza di variegate suggestioni tanto genuina quanto, di già, definitiva.
L’aggregarsi della corporalità di Elvis, con l’approccio umanistico di Dylan, avvenuto oltretutto nel periodo di generalizzata dissidenza degli anni ‘60, determinò una nuova espressione ed esperienza musicale semplicemente definita con il termine rock. Uno degli artisti che meglio ha interpretato ed ottimizzato questa originale combinazione tra vigore musicale, scelte testuali, rudezza esecutiva e tematiche civiche è stato indubbiamente Bruce Springsteen
Un poeta che canta alla luna, un clown dall’occhio ridanciano e malinconico, un viaggiatore delle note, esploratore di nuovi modi di raccontare , un rivoluzionario gentile, un artista visionario e sensibilissimo. Sono solo alcuni dei molti aggettivi che possono provare a raccontare il genio musicale di Lucio Dalla, un artista irripetibile, fuori da ogni classificazione, multiforme, prolifico, unico.
Affrontare l’opera di Bob Dylan esige rendersi disponibili a piani di comprensione tortuosi, a volte inestricabili, altre indecifrabili. Bob Dylan non è soltanto il musicista che ha pubblicato poco meno di quaranta album in studio, una decina di live ed una ampia serie di dischi che periodicamente disvelano il suo archivio; è stato infatti anche regista, attore, scrittore, disegnatore, pittore, poeta, ha fatto parte della band Traveling Wilburys assieme a Roy Orbison, George Harrison, Jeff Lynne e Tom Petty. Attualmente, anche se non recentemente, una delle sue passioni consiste nell’assemblare e saldare tra loro, oggetti metallici tra i più disparati creando dei cancelli-scultura esposti con successo a Londra nel 2013.
È da sempre definito Il Principe, per indole naturale, per la finezza con cui scandaglia i sentimenti dell’animo umano, per la maestria e lo stile con cui riesce a trasfondere in versi e musica immagini, sensazioni, domande, narrazioni. Gli universi sfaccettati di Francesco De Gregori si snodano da decenni davanti ai nostri occhi, si raccontano attraverso la storia patetica e poetica della fuga verso il cielo della Donna Cannone , prendono forma attraverso lo sguardo di Alice, ci mostrano l’orizzonte a bordo di grandi transatlantici destinati ai fondali marini, svelano i loro trucchi misteriosi, celebrano l’amore con piccoli poemi, fragili e perfetti come un fiore, o dichiarazioni coraggiose al proprio Paese.
Ci sono musicisti così risoluti nell’onorare le proprie convinzioni stilistico formali e talmente determinati nel sottrarsi a mode, tendenze o correnti musicali che, a lungo andare, le loro composizioni acquisiscono il pregio di essere immediatamente riconoscibili risultando subito familiari e rassicuranti: Roger Waters appartiene di diritto a questa ristretta cerchia di rari e preziosi autori.