Riscoprire Ivan Graziani
Se sul finire degli anni ’60 fioriscono in Italia interessanti scuole cantautorali , Genova con Lauzi De Andrè, Tenco Paoli , e Roma col suo fermento intorno al Folkstudio che vedeva nascere De Gregori Venditti e molti altri, un discorso a parte merita anche una genìa di artisti talentuosi originali, obliqui e singolari, che si muovono su terreni sconnessi ed affascinanti, tra rock, folk e canzone d’autore , come Rino Gaetano, Stefano Rosso, Finardi e Ivan Graziani, autore, chitarrista, compositore e cantante.
La vicenda artistica di Graziani muove dalle prime ondate di rock and roll d’oltreoceano, ascoltate in radio, che lo spingono a prendere in mano la chitarra e a cercare le prime note. Seguono presto le prime esperienze, nei locali, con i Modernist’s di Nino Dale, poi con Velio Gualazzi (padre di Raphael) alla batteria e Walter Monacchi al basso fonda una propria band, l’Anonima Sound, con cui comincia a farsi conoscere e a farsi spazio nel panorama musicale italiano.
Seguono anni di oscura gavetta e vari nomi d’arte , finchè nei primi anni ’70 il primo album , “La città che io vorrei”, e i primi ingaggi in sala di incisione con personaggi del calibro di Venditti e Battisti , per il quale suona la chitarra in “Ancora tu” e l’album celeberrimo “La chitarra, il contrabbasso, ecc..”
È con la band di Battisti – musicisti di grande livello come Lucio Fabbri, Walter Calloni, Claudio Maioli, – che nel 1976 Ivan registra “Ballata per quattro stagioni” , che ha tra le sue tracce la struggente “ E sei così bella” romantica ballad che mette in luce la vocalità del tutto particolare dell’artista teramano, un falsetto che si impenna e si piega in modulazioni di volta in volta tenere, istrioniche, dure o ironiche.
Per l’amico Venditti suona nell’album “Ullallá”, che il cantautore romano pubblica nel 1976, l’anno seguente Antonello torna in studio per Ivan partecipando attivamente alla produzione de “I Lupi”, che contiene uno dei suoi capolavori, “Lugano addio”, fremente ritratto di donna, musa di malinconie e ricordi. La chitarra di Ivan la fa da padrone, e lo stile sonoro si affina e comincia a trovare un suo lessico personale. Ed è finalmente il successo, il singolo entra in classifica e nella fantasia degli ascoltatori.
Il 1978 è l’anno di “Pigro”, il cui tema è tema è l’inerzia, l’apatia: immobilità, paura, indifferenza, ignoranza, ottusità, sentimenti che ci legano a terra e ci impediscono di vivere la vita nel suo senso più profondo. Il disco ribolle di brani interessanti, da “Monna Lisa”, rock essenziale, grintoso, a “Sabbia nel deserto “ che esplora uno dei temi maggiormente cari al cantautore, la solitudine provincia, piccola, oscura, senza sbocchi. La sabbia dell’immobilità si insinua nella vita di tutti i giorni fino a chiuderti gli occhi e ad impastoiarti, tra feste comandate a casa dei parenti, sesso trafelato in macchina e mancanza di orizzonti.
E accanto alla scoppiettante e caustica “Pigro”, ancora un ritratto di donna, “Paolina” una timida donna che non sa come si vive e non trova il coraggio di amare, condannandosi ad un’eterna e
mesta solitudine. L’anno successivo ancora affermazioni con “Agnese dolce Agnese”. La malinconia del ricordo della “dolce Agnese” narrata nel singolo omonimo , dal testo intenso ed intimista,fa da corona a questa
dolcissima ballad , ispirata al Rondò in Sol M. composta nel tardo Settecento da Muzio Clementi, brano che ispirò anche“A groovy kind of love” di Phil Collins.
Nel disco non mancano brani sferzanti come “Taglia la testa al gallo”, tra rock e folk legato alle usanze e costumi delle nostre terre, e l’amato blues in “Fame”che racconta momenti difficili, quando la fama era un miraggio .
La Fortuna arride al musicista, che collabora al significativo “Bandabertè” di una Loredana all’apice della fama, e continua con un nuovo album, “Viaggi e intemperie “ del 1980 che contiene la bellissima ballad “Firenze (canzone triste)”, ricca di immagini indimenticabili, pregne di malinconia. Il disco è anche portatore di energiche strigliate rock blues “Isabella sul treno” o “Angelina”, viaggi tra luoghi, occasioni mancate, donne misteriose .
Una stimolante esperienza con Ron e Goran Kuzminac da’ vita a “Q disc” , che nel 1981 vede passare in forte AirPlay “Canzone senza Inganni”, cui segue, nello stesso anno, “Seni e coseni”, prodotto da Tony “Rutheford” Mimms, direttore d’orchestra, arrangiatore già al fianco di De Andre’, Renato Zero, Mia Martini . “Ehi Padre Eterno”, gospel blues che apre il disco, è un malinconico monologo con Dio, divinità distante ed incomprensibile, che sembra aver perso ogni contatto con gli uomini, padre distratto, a volte crudele.
“Parla tu”, live registrato nel 1982, da’ la misura della maturità artistica di Graziani, un disco a tinte forti, vivo, sanguigno, con nuove letture, nuovi arrangiamenti, momenti di grande energia accanto a brani raccolti ed emozionanti. Giampiero Reverberi mette mano agli elaborati e raffinati terreni sonori di “Ivan Graziani”, che si apre con la sognante “Signora bionda dei ciliegi” e “Nino Dale and his Modernists”, dedicato all’antico maestro, e poi lo scanzonato rock blues autobiografico “Il chitarrista”.
“Nove”, prodotto da Celso Valli nel 1984 si apre con il bel singolo “ Limiti” , che conquista subito l’audience. La delicata “ Geraldine” è un’altro ritratto magistrale di donna, i suoi abbandoni e le magie subitanee. Irraggiungibile stella che brilla per sempre. Dopo un mediocre passaggio a Sanremo con “Franca ti amo” nel 1985, è la volta di “Piknik”, disco che fa largo uso di elettronica, prodotto da Fabio Liberatori, che si apre con il rock and roll di “Sola”.
Segue un momento di calma e riflessione, in cui Ivan cambia casa discografica e lavora nello studio fatto in casa sua : esce “Ivangarage” ( 1989), un ritorno a suoni più crudi, scarni, divertiti in un’atmosfera anarchica e libera.
Con l’ausilio di Claudio Fabi viene realizzato “Cicli e tricicli” ( 1991), dalle atmosfere più morbide e smussate .
Nel 1995 ancora Sanremo, questa volta con la più convinta e convincente “ Maledette malelingue “, che racconta temi mai sopiti, anzi più che mai di dolorosa cronaca quotidiana, di critiche e pregiudizi dissennati, che possono distruggere vite e persone.
Il disco da cui è tratto, “Malelingue “, è di nuovo sotto l’egida di una sana scarnificazione, una bilanciata leggerezza tra rock, blues e pop mescolati a testi di autore, registrati negli studi di Fonopoli.
Dall’incontro con Renato Zero scaturisce “Fragili fiori”del 1995, tra inediti, citazioni , rivisitazioni e bellissimi brani live, come “Fuoco sulla collina” , che mette in risalto le sue incredibili capacità chitarristiche.
Un disco davvero imperdibile, ed è anche l’ultimo: una malattia improvvisa ed aggressiva si porta via un artista unico, imprevedibile e talentuoso, che molto ha detto e chissà quanto aveva ancora da dire e da suonare…