Riscoprire Johnny Cash
La storia del rock è anche la storia dell’incontro e dell’osmosi di forme musicali come il rhythm&blues, il country e il blues. E’ la storia di una fusione tra esperienze musicali derivate dalla cultura nera ed altre provenienti da un folk rurale decisamente bianco. L’aggregazione di queste musiche, in percentuali che critici e studiosi non sono mai stati capaci di stabilire unanimemente, si concretizza nella prima metà degli anni ’50 in un sound pulsante che impone di muoversi, di ballare. Johnny Cash esordisce nel 1955 in un ambito musicale rock&roll e non è certo un caso che a scoprirlo e indirizzarlo, sia stato proprio Sam Phillips, proprietario e produttore dell’etichetta Sun Records e dello studio omonimo, una piccola sala di registrazione dove incisero Elvis Presley, Roy Orbison, Jerry Lee Lewis, Carl Perkins.
Il primo brano pubblicato da Cash per la Sun Records, “Cry, Cry, Cry”, ottiene un discreto successo e rappresenta ancora una perfetta introduzione allo stile di Cash; siamo infatti alla presenza di una sorta di piacevolissimo ibrido che coniuga in maniera superba una base dall’intenzione country rock ad una prestazione vocale decisamente country.
Nella sua lunghissima carriera e attraverso una vendita di dischi che si avvicina ai cento milioni di copie, le sue due anime hanno sempre cercato un equilibrio e, abitualmente, la dimensione country è quella emersa con maggiore impeto. Eppure, sorprendentemente, Cash non ha mai negato o sradicato da sé una solida impostazione rock&roll. Del rocker ha sempre mantenuto l’atteggiamento da ragazzaccio, da teppista e a volte da bullo, del rocker ha anche assunto le cattive abitudini che lo hanno portato ad essere, ciclicamente, tossicodipendente e alcolista e subire quindi diversi arresti per traffico di anfetamine e detenzione di pillole ‘proibite’. Come countryman ha invece cercato di mantenere quella rustica saggezza e scontrosa ruvidezza che ne hanno infine caratterizzato il personaggio. Un simile percorso era stato vissuto da un’altra leggenda del country: Hank Williams, più giovane solo di qualche generazione. Come lui, anche Johnny Cash ha sempre dovuto cercare quel difficile equilibrio che gli permettesse di essere il mito ‘positivo’ del country, tentando costantemente di offuscare e contrastare il proprio lato oscuro. La musica di Cash è talmente personale che alcuni suoi brani sembrano a volte offrirne una rappresentazione quasi materiale: “I Walk the Line”, “Ring of Fire”, “A Boy Named Sue”, “The Ballad of Ira Hayes” nel quale ricuperava il sofferto tema dei nativi americani o “Folsom Prison Blues”, sono solo alcuni dei brani che lo hanno consacrato assieme naturalmente a “Man in Black” dove con apparente ironia cercava di spiegare il proprio look affidato a capi esclusivamente neri. Il nero spesso determinava anche la scelta delle chitarre che, soprattutto nella seconda parte della sua carriera, erano obbligatoriamente di color nero. Il percorso musicale di Cash, come quello di ogni country man coerente e mosso da un sincero rispetto per la tradizione, si è consolidato e sviluppato attraverso vari decenni senza mai discostarsi da una intenzione primaria: Cash non si è infatti mai piegato a mode, correnti o tendenze, ha vissuto momenti difficili quando la sua proposta decisamente monolitica non incontrava più i favori del pubblico, eppure ha sempre contato e puntato sulla propria determinazione, tanto da rinnovare l’interesse internazionale verso la sua proposta proprio negli ultimi anni della sua attività, della sua vita, quando il produttore RicK Rubin lo convinse ad incidere una serie di imperdibili dischi. Parte della notorietà di Johnny Cash è affidata a due album che incise live, registrandoli all’interno delle prigioni californiane di Folsom e di San Quentin, durante concerti considerati indimenticabili, il secondo dei quali è stato anche filmato da una troupe della Granada Television e diffuso un Gran Bretagna. A soli due anni dalla morte del cantante, il regista James Mangold gli ha dedicato, nel 2005, un ritratto riuscito e accolto con grande favore dal pubblico e dalla critica, quel “Walk the Line” (“Quando l’amore brucia l’anima”), nel quale il giovane Cash era interpretato da Joaquin Phoenix e la moglie, June Carter, da Reese Witherspoon che vinse l’Oscar nel 2006 come migliore attrice protagonista proprio per questa sua interpretazione. L’itinerario musicale del cantante è stato affiancato negli anni da attività collaterali come quella di attore, sinceramente poco significativa, e quella di conduttore televisivo: il programma musicale, “The Johnny Cash Show”, gli fu affidato dalla ABC dopo il successo ottenuto dagli album live registrati nei due carceri californiani. La notorietà degli ospiti e la qualità delle performance hanno consigliato infine di assemblare un doppio DVD e un album che raccolgono il meglio del programma ed offrono una ulteriore chiave di lettura di un personaggio decisamente unico nel panorama musicale statunitense.
ALBUM
RING OF FIRE: THE BEST OF JOHNNY CASH (1963)
Pubblicato nell’agosto del 1963, questo album segnava l’esordio di Johnny Cash per l’etichetta Columbia. Come chiarito dal titolo si tratta di un LP antologico che raccoglie brani generalmente apparsi solo su 45 giri o EP. Grazie ad un singolo di enorme successo come “Ring of Fire”, inciso nel marzo del 1963, anche l’album riuscì a scalare le classifiche country posizionandosi in prima posizione.
AT SAN QUENTIN (1969)
Registrato nel febbraio del 1969 nel carcere di San Quentin a nord di San Francisco, l’album contiene una tra le indimenticabili performance di Cash, malgrado nella band esordisse alla chitarra il rocker Carl Perkins, in sostituzione di Luther Perkins morto alcuni mesi prima. Il brano trainante dell’album, “A Boy Named Sue”, è la cover di una canzone che Cash aveva da poco scoperto e che eseguiva live per la prima volta, come d’altronde la sua “San Quentin”.
ONE PIECE AT A TIME (1976)
Per questo album Cash scrisse la maggior parte delle canzoni, il lavoro rappresenta il tentativo riuscito da parte del musicista di rimanere ancorato alle proprie radici senza subire influenze da quell’universo rock che stava invece spostandosi dall’accezione originale. “Let There Be Country”, “Go on Blues” ed il brano che da il titolo all’album sono gioielli imperdibili di un Cash notevolmente ispirato.
SINGOLI
I WALK THE LINE (1956)
Primo di una infinita serie di successi scritti dallo stesso Cash, il brano raggiunse i vertici della classifica country divenendo in breve tempo uno dei brani simbolo del cantante e non è certo casuale che il film biografico dedicato da James Mangold alla figura del musicista si intitoli “Walk the Line”, “Quando l’amore brucia l’anima” in italiano.
GET RHYTHM (1956)
Country e rockabilly sono state le due anime parallele ed in parte contrastanti di un Cash agli esordi. Se “I Walk the Line” racconta e definisce l’animo country, con “Get Rhythm” veniamo a contatto con il versante rock&roll, con quel temperamento che Johnny Cash ha probabilmente sempre voluto contrastare, mitigare eppure mai ripudiare. Notevole la cover incisa da Ry Cooder nell’album del 1987 che prende il titolo dal brano.
RING OF FIRE (1963)
Incisa nel marzo del 1963, la canzone consacrò definitivamente Cash come cantante country grazie ad una clamorosa accoglienza del pubblico che si concretizzò con l’ennesimo posizionamento al top della classifica country. Il brano dal sapore decisamente tex-mex, era stato scritto da June Carter, assieme a Merle Kilgore; nel 1968 June Carter diverrà la signora Cash.
FOLSOM PRISON BLUES (live) (1968)
Per coronare una carriera in continua ascesa ed una personale esigenza di supportare emarginati, ghettizzati, detenuti, Cash organizzò un concerto nella prigione di Folsom, in California, ricavandone un album live di grande successo. Il brano era stato inciso e scritto da Cash nel 1955 ed aveva già avuto un’ottima diffusione; la versione live pubblicata come singolo si impose, forse inaspettatamente, e non soltanto nelle classifiche country.
ONE PIECE AT A TIME (1976)
La perfetta fusione tra le componenti country, rock&roll e rockabilly, raggiunge una compiuta rappresentazione in questo brano musicalmente trascinante ed interpretato con sorprendente intensità da un Cash che combina con grande equilibrio parti cantate a parti parlate. Imperdibile.