Riscoprire i Lacuna Coil
L’unica band italiana dal respiro veramente internazionale nasce a Milano nel 1994 dalla passione di quattro giovani musicisti. I futuri Lacuna Coil si chiamano prima Sleep of Right, poi Ethereal (e così incidono il loro primo demo).
Il ’96 segna l’ingresso di tre nuovi membri (tra i quali la vocalist Cristina Scabbia) e la comparsa del nome definitivo e così, di fatto, il primo capitolo della storia di un gruppo che fin dai suoi primi passi dimostra di non avere eguali all’interno del panorama musicale nazionale. Tanto da rendere istintiva e naturalmente riuscita un’immediata spinta al di là dei confini italiani: ottenuto il primo contratto con la Century Media, i neonati Lacuna Coil vanno a suonare negli Stati Uniti e poi producono il loro primo EP omonimo. A guidarli c’è già Waldemar Sorychta, musicista e producer polacco dal corposo pedigree metal.
Il 1999 è l’anno del vero e proprio debutto discografico:” In a Reverie” presenta al mondo una realtà nuova ma già inconfondibile. I giovani Lacuna Coil hanno un suono personale, un solidissimo punto d’incontro tra metal classico e tendenze goth, reso ancora più potente dalla magica alternanza delle voci di Cristina Scabbia e Andrea Ferro. Sono loro a firmare i testi dell’ipnotica “Circle”, dell’intensa “My Wings”, come delle restanti tracce dell’album. Il bassista Marco Coti Zelati si occupa di tutte le musiche, con l’eccezione di “To Myself I Turned”, composizione del producer Sorychta.
Dopo l’uscita del disco, i Lacuna Coil accolgono il nuovo chitarrista Marco Biazzi, che fa il suo debutto con l’EP del 2000 “Halflife.” Tra le cinque tracce trova spazio anche “Senzafine”, raro caso di brano cantato in lingua italiana. La canzone compare anche nell’album dell’anno successivo “Unleashed Memories”, che è un’ulteriore prova di un talento eccezionale per la commistione di potenza metal, sensibilità goth ed una naturalezza che rende la band sempre più accattivante ad un pubblico che va al di là dei confini di genere.
La crescita dei Lacuna Coil diventa ancora più eclatante con “Comalies”, pubblicato nel 2002, frutto di un periodo di esplosiva creatività per il gruppo. La produzione si fa più raffinata e la voglia di sperimentare evidente: ne è una prova la breve traccia “Aeon”, gioco di digital editing carico d’atmosfera. Due i singoli estratti dall’album: “Heaven’s a Lie”, profonda riflessione sulla libertà e sulle realtà di facciata, e poi l’opulenta “Swamped”, coi suoi drammatici scambi vocali e le orchestrazioni magnificenti. Si tratta di un album importantissimo nella storia della band milanese, che si conquista un posto nelle file prestigiose di Billboard ed anche tra i cinquecento migliori album rock e metal selezionati dal magazine Rock Hard.
Ma i Lacuna Coil non si accontentano e puntano ancora più in alto con il successivo “Karmacode”, il capolavoro del 2006. Qui gli innati istinti prog metal del gruppo, di matrice tipicamente europea, guardano ad Est, ma anche ad Ovest e al mondo del rock che li porta in territori più heavy che mai. Le influenze orientali si fanno sentire soprattutto sulle note di “Our Truth”, primo singolo estratto dall’album, magnificamente arricchite dalla presenza di strumenti come lo shamisen ed il sitar. Il secondo singolo preso da Karmacode è una cover dell’hit dei Depeche Mode” Enjoy the Silence”; una rilettura talmente riuscita – merito soprattutto della strepitosa performance di Cristina Scabbia,- da essere stata inclusa nella lista delle Top 100 Cover Songs redatta dal New York Post. “Within Me” rappresenta invece il primo caso di power ballad scelta dalla band milanese come singolo.
L’influenza a stelle e strisce si fa sentire ancora di più con l’album del 2009 “Shallow Life”. Alternando le sferzate massicce di brani come “Underdog” alla delicatezza liberatrice di” Wide Awake” e ad una generale spinta melodica, l’album si mostra una collezione eterogenea di momenti carichi d’ispirazione, ed un invito irresistibile ad un pubblico sempre più ampio.
L’album è anche occasione per un significativo cambio alla cabina di regia: per la prima volta ci troviamo infatti il navigato producer Don Gilmore.
C’è ancora Gilmore dietro al successo del 2012 “Dark Adrenaline”, un acclamato ritorno alle origini gotiche e metalliche. Il singolo di lancio “Trip the Darkness” non fa sconti e stende la tensione del confronto vocale tra Ferro e Scabbia sullo sfondo di graffiati sfoghi elettrici. Ma il secondo singolo “Fire” dimostra di non rinunciare allo spirito esplorato con “Shallow Life” e si diverte a sperimentare con ritmiche inedite e solleticanti. Anche stavolta non manca una cover di lusso, in questo caso un’ispirata reinterpretazione del classico dei REM “Losing My Religion”.
Per “Broken Crown Halo” i Lacuna Coil scelgono come producer Jay Baumgardner, figura di rilievo della scena nu metal. L’album, pubblicato nel 2014, viene registrato nello studio milanese Officine Meccaniche, equipaggiato per l’occasione di strumenti d’annata forniti da Mauro Pagani in persona. L’irripetibile fedeltà dell’analogico rende ancora più potente il ritorno del gruppo ad un suono pesante che richiama i più amati successi di metà anni Duemila. Perle come la veemente “Zombies” o la drammatica “I Forgive (But I Won’t Forget Your Name)” si susseguono in un turbine di emozioni dalla forza implacabile. “Die & Rise” vede poi, dopo tanto tempo, il ritorno di Cristina Scabbia alla lingua madre, con l’italiano che affiora poetico e sinistro in una delle più epiche nerbate della storia del gruppo.
Poco prima dell’uscita dell’album il batterista Cristiano Mozzati annuncia l’uscita dal gruppo, e lo stesso fa poi nel 2016 il chitarrista Marco Biazzi.