Riscoprire Steve Vai
Da quasi tutti stimato e riconosciuto come un gran chitarrista, in realtà egli è
soprattutto un musicista ed un compositore, che nella chitarra ha sicuramente
trovato il modo migliore di esprimersi.
Non è un caso che Frank Zappa lo scelse allora 18enne, dapprima solo per fargli
trascrivere tutta la sua musica, per poi imbarcarlo con sé e la sua band nei
primissimi anni ’80 e accreditando le sue prestazioni sui suoi stessi album dell’epoca
come “impossible guitar parts”; insomma, l’unico dei suoi musicisti al quale dedicò
addirittura una canzone (Stevie’s Spanking).
Vai ha più volte sostenuto nelle sue interviste, che non è stato lui a scegliere di
essere un musicista, ma che è stata la musica a scegliere lui.
Tant’è che gli sarebbe bastato diventare un insegnante di musica dopo aver
frequentato il Berklee College Of Music di Boston, ma dopo la chiamata di Zappa,
tutto prese ben altra piega.
Quest’ultimo infatti si può affermare sia stato il vero e proprio mentore di Vai, anche
se è stato Joe Satriani, anch’egli originario di Long Island, a dargli lezioni di chitarra
prima di tutti.
In seguito alla militanza con Zappa, ci fu l’esordio solista nel 1984; quel Flex-Able,
grazie al quale poi ottenne altre nuove avventure con: gli Alcatrazz (ove fu convocato
per sostituire Yngwie Malmsteen), la band di David Lee Roth (creata ad hoc dall’excantante
dei Van Halen dopo un divorzio clamoroso quasi a volere sfidare i suoi excompagni)
e la chiamata di Bill Laswell per farlo suonare in uno splendido “album”
dei P.I.L.
Tutto ciò lo espose parecchio e lo portò a guadagnarsi una certa fama, fino a
sfociare addirittura nel cinema, ove fu scritturato nel film “Crossroads” (uscito in Italia
con diverso titolo, ossia “Mississippi Adventure”), nella veste di “Jack Butler” (il
chitarrista del diavolo) contrapposto a “Eugene” (interpretato da Ralph Macchio) in
una sfida memorabile voluta da Ry Cooder, autore della colonna sonora del film.
In seguito, furono gli Whitesnake a volersi avvalere di lui nell’album “Slip Of The
Tongue” follow-up del multi-platinato “1987”, ma fu l’ultima delle sue avventure come
“guitar axe”, anche perché nel frattempo egli diede vita alla sua seconda prova
solista (nel 1990) con PASSION AND WARFARE, l’album della consacrazione: una
vera e propria enciclopedia per amanti del genere; l’album nel quale è contenuta la
sua ballad più famosa (For The Love Of God) che non manca mai nelle scaletta che
esegue dal vivo in concerto, assieme ad altri suoi classici (sempre facenti parti di
questo album) quali “Liberty”, “The Audience is Listening”, I Would Love To” e
“Sisters”
Dagli anni novanta in poi ha voluto e saputo sviluppare una carriera solista a 360°
che tuttora è in voga e che è pari solo a quella del maestro Joe Satriani, in termini di
longevità
Prima di Vai e Satriani, solo miti assoluti del calibro di Jimi Hendrix, Jimmy Page,
Jeff Beck e Eddie Van Halen hanno saputo crearsi il loro universo chitarristico,
ispirando generazioni di nuovi chitarristi.
La vocazione di Vai a sperimentare in continuazione, pur mantenendo una spiccata
riconoscibilità, lo ha portato a osare col progetto “Sex & Religion” nel 1993 con una
super-band formata dai veterani Terry Bozzio alla batteria (Frank Zappa, Missing
Persons) TM Stevens al basso (Joe Cocker, The Pretenders) e dalla nuova leva
Devin Townsend (Strapping Young Lad) in veste di cantante, per poi continuare
come artista puramente solista e contornarsi di musicisti in grado di saper eseguire
la sua musica, proprio come il grande Zappa.
Due anni più tardi (1995) esce l’EP “Alien Love Secrets”, 7 brani interamente
strumentali dove spiccano grandi classici quali “Bad Horsie”, che sviluppa quel riff
nell’apertura del duello di Crossroads, la ballad “Tender Surrender”, vagamente
reminiscente nella melodia e nel tempo di “Villanova Junction Blues” di Hendrix e
l’intensissima “Die To Live”.
L’EP anticipa l’uscita del progetto ben più consistente “Fire Garden” pubblicato
l’anno successivo (1996) un album doppio (suddiviso in due fasi) che riesce ad
essere pubblicato solo su un CD, grazie al nuovo formato CD da 80 minuti (invece
dei 74 standard). Su tutti i brani strumentali spiccano: la suite omonima suddivisa a
sua volta in quattro parti e la melodica “The Crying Machine”; nella seconda fase Vai
si cimenta nel canto, ove svettano l’intima “Brother” e l’hendrixiana “Little Alligator”.
Due anni dopo (1998) è la volta di una ristampa: “Flex-Able Leftovers”, ossia le
outtakes delle sessions di “Flex-Able” e l’anno dopo (nel 1999) di un album di nuovo
inediti (The Ultra Zone), Qui si ripete la formula che vede Vai nell’alternare brani
strumentali classici a quelli cantati sempre da lui stesso. Meritano una citazione sia
la ballad “Frank”, tributo al suo mentore Zappa e la movimentata Jibboom, un chiaro
tributo al riffing di Stevie Ray Vaughan.
Agli albori del nuovo millennio Vai registra nuovi brani dal vivo, durante il tour
mondiale di The Ultra Zone, dal quale scaturisce un album dal vivo di soli inediti,
ciascuno dei quali ispirato alle nazioni dove il tour lo ha portato (“Alive In An Ultra
World”, pubblicato nel 2001). Su tutti la struggente e melodica “Whispering A
Prayer” (dedicata all’Irlanda) che da lì in poi diventerà uno dei suoi cavalli di battaglia
assieme alla già affermata power ballad, “For the Love Of God”.
Quattro anni dopo è la volta di “Real Illusions/Reflections”, pubblicato nel 2005, il
primo concept-album facente parte di una trilogia di una “rock-fable”.
Qui i brani che giganteggiano sono “Building The Church” e la suite “Freak Show
Excess”; da notare che nell’album appare in 10 brani su 11 anche il bassista Billy
Sheehan, già compagno di Vai nella band di Lee Roth negli anni ’80.
Quest’album è l’ultimo che Vai incide con la Epic, che mise sotto contratto l’artista
nel 1994.
In seguito tutta la sua produzione discografica è stata pubblicata sotto la sua stessa
etichetta “Light Without Heat/Favored Nations”, fino a che nel 2015 la Legacy
Recordings, altra branchia della Sony Music, lo rimise sotto contratto e pubblico il
doppio CD e DVD “Stillness In Motion”, registrazione dal vivo del tour del suo album
del 2012, “The Story Of Light” (il secondo della trilogia).
“Modern Primitive” è un vero e proprio anello mancante tra “Flex-Able” e “Passion
and Warfare”, periodo talmente intenso di eventi che non hanno mai permesso a Vai
di ultimare ciò che aveva cominciato a fare con una band chiamata “The Classified”,
solo dal vivo.
Tra l’uno e l’altro ci sono state le avventure con gli Alcatrazz, David Lee Roth i P.I.L.
e gli Whitesnake.
Perciò, in occasione del 25esimo anniversario di Passion and Warfare” che per
l’occasione è stato rimasterizzato e corredato da 4 bonus tracks, Vai ha pensato
bene di selezionare il meglio delle cose che aveva in parte registrato all’epoca (sia
cantate che strumentali) sotto forma di demo e di ultimarle, o risuonandole
completamente, o più semplicemente sovra-incidendo, laddove ha ritenuto che non
fosse necessario.
L’album si apre con il divertissement jazzy-scat di “Bop!”, creato 20 anni fa con un un
synth per chitarra della Roland e che vede la partecipazione della giovane e
talentuosa bassista indiana Mohiny Dey.
Si prosegue con “Dark Matter”, un brano dal groove funkeggiante, costruito su un riff
ripescato tra le vecchie demo-cassette dell’archivio di Vai e che ricorda “Gravity
Storm “ da “The Story Of Light”, per la tecnica di bending usata.
La terza traccia (Mighty Messengers) è un brano scritto per i Classified, suonato dal
vivo svariate volte all’epoca, ma mai registrato, ove si manifesta lo stile che Vai
svilupperà in seguito con gli Alcatrazz di Graham Bonnet.
A seguire, quella che doveva essere la seconda parte di Mighty Messengers
(originariamente intitolata “Midway Creatures”) quando il brano veniva eseguito con I
Classified; ma siccome il titolo è stato usato per una canzone contenuta in “Real
Illusions/Reflections”, Vai ha deciso di intitolarla “The Lost Chord” e dato che nel
ricantarlo il risultato non lo soddisfaceva, ha deciso di farla cantare ex-novo al buon
Devin Townsend con una resa ben superiore alle sue stesse aspettative.
La quinta traccia è “Upanishads”, uno tra i pochi brani registrati all’epoca (intorno al
1984) dove Vai si diletta con la tecnica del tapping a due mani, la stessa usata per
“Building The Church”, estratta da “Real Illusions/Reflections”, un classico nella
scaletta dei suoi concerti.
Anche il brano successivo (Fast Note People), ossia la traccia 6, fa parte dei pezzi
registrati all’epoca e vede Vai cimentarsi anche alla voce.
La settima canzone è la ballad “And We Are One”, dedicata alla moglie Pia, dove
egli a 56 anni suonati, ancora esplora nel fraseggio dell’assolo, combinando il
volume del pedale con una tecnica slide e il wah-wah contemporaneamente.
L’ottava traccia (Never Forever) è un pezzo cantato, nato da un soundcheck durante
uno dei suoi tour, mentre la nona (Lights Are On) è un brano originariamente
composto da Vai durante i suoi compiti a casa dopo le lezioni di armonia del suo
insegnante di allora al Berklee (Mike Metheny, fratello del grande Pat) e suonato dal
vivo coi Classified.
Il brano successivo (la traccia 10 , No Pockets) è nato da un vecchio riff tipicamente
vaiano, che ben si articola con interessanti armonizzazioni vocali e ripartenze tipiche
di un pezzo rock.
Chiude l’album “Pink And Blows Over”, sviluppata in 3 parti; un brano molto
zappiano, che parte cantato da una voce femminile e dei cori nella prima, un lungo
solo di tastiere, armonizzato e fischiettato da Tommy Mars (ex-componente sia della
band di Zappa che dei Classified) nella seconda e in quella finale (dulcis in fundo),
con un gran assolo di Vai.
“Passion And Warfare” ha compiuto 25 anni di vita nel 2015, ma per poter appaiare
l’edizione rimasterizzata del suo capolavoro indiscusso con “Modern Primitive”, Vai
ha voluto prendersi il tempo che gli serviva per poter deliziare i suoi fans come solo
lui sa fare, motivo per il quale questa doppia release vede la luce un anno dopo.
Tra le 4 bonus tracks, spiccano un’altra guitar ballad come Lovely Elixir e l’alternate
take di “And We Are One” con un assolo di chitarra diverso da quello di “Modern
Primitive”.