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Legacypedia 4.0 – settimana #13

07 May 2015

IVANO FOSSATILA PIANTA DEL TE’

fossati

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Parliamo di Ivano Fossati, uno dei più grandi, sensibili autori del nostro panorama musicale di sempre. Artista, anima bella, musicista raffinato, ha scritto versi capaci di scavare solchi profondi nelle nostre anime,
le sue parole sono riflessioni, specchio di sentimenti impossibili da spiegare per noi, esseri comuni ,che raccogliamo con commozione e gratitudine questo patrimonio di emozioni, bagaglio delle nostre vite.
Uno dei dischi più significativi della lunga carriera di Fossati è La pianta del te’, pubblicato nel 1988.
In questo album l’autore sperimenta l’uso di suoni etnici in miscellanee originali, inusitate, con risultati piacevoli, nuovi, che verranno poi ulteriormente approfonditi, riproposti in altre forme, versioni, negli
album che seguiranno questo.
E proprio queste atmosfere orientali , percussioni, flauto andino, echi di terre lontane , ci avvolgono già nel brano che apre il disco. La pianta del te’. Il viaggio, tema spesso affrontato da Fossati , è un viaggio dentro,
alla ricerca di se’, il viaggio che non finisce mai, quello più grande e che ci porta più lontano, davvero. La musica fluttua e sedimenta come profumi di incenso, sa di deserti e di mare. La pianta del te’, questa
piccola piante “dalle piccole foglie”, il suo odore, la sua esoticità, la sua semplice essenzialità, la sua personalità, così sottile e insieme così unica, sembra essere una metafora della nostra vita, che irradia luci
diverse, infinite, strade che si intersecano e si disperdono, odori che respiriamo e dimentichiamo, fortune che perdiamo, battiti e passi infiniti.
Terra dove andare . Fisarmonica e ritmi caraibici fusi in questa canzone che parla della ricerca di un giovane di spazio, di futuro, in una dimensione dove terra e spazio non ci sono più, dove il futuro è un nemico
incomprensibile, un’equazione di cui diffidare. Il ragazzo è tutti noi, che non abbiamo “scarpe per continuare a ballare”. Che belle immagini che sa trovare Fossati, una danza che parla di disperazione, una
poesia che parla di solitudini e paure.
E ancora immagini che parlano direttamente all’anima in L’uomo coi capelli da ragazzo. Atmosfere sospese un sogno ad occhi aperti , parole scandite, sillaba per sillaba a supportarne il peso, Percussioni che
incedono, lente, maestose a sottolineare questo cammino all’interno di noi stessi.
Ritratti indimenticabili di personaggi eterni, scolpiti , vite e sensazioni , atmosfere che cambiano in continuazione come il tempo, come le stagioni. La volpe è introdotta da un bellissimo arpeggio sostenuto
da percussioni e campanelli d’oriente. La canzone ospita la voce di Teresa de Sio, che si fonde alla perfezione a quella di Fossati nella narrazione di una attesa infinita. L’attesa di un amico, una voce un
ritorno.
La pianta del te’, parte seconda è strumentale, quasi una sosta del viaggio, una pausa all’ombra dei propri pensieri. Il flauto andino si carica di un lirismo antico, suggestivo, dolente e riposante, come un orizzonte
lontano tra le dune, da osservare in silenzio, con l’anima sospesa.
Il ritmo si fa più carico e pressante in Quei posti davanti al mare. Il mare è importante nei viaggi, è importante per chi, come l’autore, viene da una città come Genova, perchè il mare porta storie e genti
lontane, perchè tutto va e torna, come il mare, che sa raccontarsi a chi sa ascoltare. Ospiti di eccezione in questa bella composizione, De André e De Gregori.
Le signore del Porte Lance , che stanno in piedi sulla nave che lascia la Francia, continua questo viaggio ideale. Canzone elegante, solo piano e voce, le parole in italiano ed in francese , ricorda De Gregori, ricorda
Paolo Conte, nelle immagini proposte, i bei foulard delle signore, il capitano questo brav’uomo. Una piccola canzone sul tempo che passa, e su noi, marinai che navighiamo questo immenso mare.
Ancora flauti, e ritmi di caraibi , chitarre e ritmiche sincopate per Chi guarda Genova. Fossati, come De André, come Lauzi, la sanno proprio raccontare bene, questa città ostica, misteriosa, chiusa. Le strade di
Genova sono strette, labirinti di storie antiche e nuove, e il mare, il mare, che soffia e profuma e bagna, e porta navi e genti.
La costruzione di un amore è una canzone bellissima, l’interpretazione pensosa, dolente, trascinate di Fossati è da brividi. Un arrangiamento giustamente minimale sorregge un testo indimenticabile, ogni parola
è come goccia d’acqua benedetta. La descrizione che ci regala di un sentimento abusato e ripetuto fino alla semplificazione più banale è solo da ascoltare, sarebbe fare un torto all’autore cercare altre parole a
spiegare le sue.
Caffè lontano chiude l’album. Arpa celtica, atmosfere sospese circondano la riflessione di un uomo seduto ad un caffè. Canzone di amore condiviso , vissuto, evocato, a chiusura di questo viaggio unico , come a dire,
chissà, forse l’amore è il nostro irrinunciabile porto d’arrivo.


 

SADEDIAMOND LIFE

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Diamond Life è il primo disco pubblicato dalla cantante Sade e dal suo gruppo, che porta il suo stesso nome.
E’ il 1984 e il panorama musicale mondiale viene investito dall’onda calda e sinuosa di questo album, ed è immediatamente successo. Al primo posto in moltissimi paesi europei, il gruppo anglosassone arriva al
posto n.5 negli USA, riscuotendo grandi consensi ovunque.
Nel disco sono contenuti numerosi successi, ancora oggi presenti nell’airplay radiofonico. La voce morbida e sofisticata della cantante ed anima/immagine della band, la bellissima anglo nigeriana
Helen Folasada Adu, in arte Sade , e lo stile, un misto di r’n’b, jazz, soul e pop ,non risentono in alcun modo del tempo che passa , come a dire, la classe non è acqua.
E di classe ne ha da vendere il singolo che apre questo magnifico album, Smooth operator. Brano celeberrimo, è introdotto dal sax di Stuart Matthewman. Il ritmo latino delle percussioni e del basso
attendono la voce di Sade, che narra la storia di un playboy. La sensualità trasuda da ogni nota, da ogni parola e da ogni movimento dell’arrangiamento controllato, elegantissimo, in equilibrio tra rythm and blues
e jazzy. E’ nuovo, è diverso. E aprirà le porte ad un sound più raffinato e sofisticato che poi sarà ripreso e sviluppato in modi diversi da altre produzioni di grande successo, citiamo tra gli altri Lisa Stansfield,
Incognito.
Your love is king è anch’esso un grandissimo successo. Le parole suadenti,l’ andamento regale del canto che è carezza per le orecchie dell’ascoltatore, la ritmica sincopata , il refrain del sax che scivola come seta,
confermano che la band ha un suo stile preciso, che Sade è molto più di un volto da copertina, è una voce che ricorda Nina Simone e che precede Erykah Badu, due grandi anime della black music.
Si continua con Hang on your love , altra hit. Il basso e le percussioni disegnano ritmi latini, la chitarra funk fa da contrappunto, le tastiere creano una base armonica alla voce di Sade che canta l’amore con
impassibile sensualità.
Frankie’s first affair continua questo viaggio in un soul morbido , fluido, cool jazz in cui il canto di Sade si impenna in un grido di amore e partecipazione, raccontando la storia di Frankie e del suo amore, che lo fa
giocatore e giocato. Il ritmo si fa più pressante in When am i going to make a living, il basso duetta con le congas ,la voce poggia su tastiere che formano strati leggeri. Cori rispondono e seguono la lead , il sax
esegue commenti e solo che impreziosiscono il brano, mentre Cherry pie è introdotta da una bella linea di basso protagonista, le chitarre si fanno ritmiche con effetti e wa wa a gusto anni ’70, mentre Sade paragona
la dolcezza dell’amore a quella di un dolce alla ciliegia , da assaporare con lentezza, ma che può nascondere sapori amari.
Con Sally si torna a toni suadenti, fumosi , penombre . La strofa è sostenuta soltanto dal basso, dalla batteria discreta , da appoggi di tastiere per far spazio a storie di solitudini e di vita difficile e disperata a
New York. I will be your friend è una promessa di fedeltà per sempre. Sade canta con delicata grazia seduttiva e promette di non lasciare mai l’amico, o l’amica, in tempi buoni e non. Ancora ritmi latini e il sax
caratterizzante questo “Diamond life”, digressioni di note di ottimo gusto, atmosfera contenuta, intima, anche nel famossissimo brano che chiude l’album, Why can’t we live togheter. Atmosfera in cui non
stonerebbe forse anche la chitarra di Carlos Santana, congas, basso, organo avvolgente chitarre arpeggiate e Sade che si chiede perchè sia così difficile convivere, con idee mondi e persino colori differenti.
Questo disco è una celebrazione alla morbidezza, all’eleganza contenuta, alla suggestione della sensualità suggerita, intravista, sussurrata. Un disco che anticipa e sviluppa temi stilistici del pop/r’n’b più patinato
ma non artefatto. C’è anima e sangue, c’è personalità e forte carisma, e le produzioni che seguiranno saranno una splendida conferma.

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