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Legacypedia 4.0 – settimana #29

03 Sep 2015

LITFIBA – SPIRITO

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Quando si accorgono di aver esplorato i temi fuoco e terra con i precedenti album, “El Diablo” e “Terremoto”, Piero Pelù e Ghigo Renzulli decidono di continuare scientemente questo viaggio musicale, e lo fanno con “Spirito”, l’aria,  e concluderanno il discorso dedicando all’acqua “Mondi sommersi” nel 1997.

L’aria è quindi l’impalpabile elemento che soffia  tra le note dell’album “Spirito” , pubblicato nel 1994. Finito il percorso con il produttore Alberto Pirelli, i Litfiba si affidano a Rick Parashar , che ha già lavorato con i Pearl Jam producendo il loro primo album, “Ten”.

L’aria alleggerisce anche i suoni della band, che in questo caso virano verso nuove atmosfere, combinando il rock più duro a  sonorità più acustiche, folk.

Lo spirito gitano di Piero Pelù si muove a proprio agio tra suggestioni zingaresche e repentini  attacchi ritmici più diavoleschi, dando vita ad un album interessante, caldo ed aggressivo, che mantiene suoi i capisaldi tipici dei Litfiba senza che il cambio di rotta tolga nulla al loro  stile.

Apre le danze  l’adrenalitica  “Lo Spettacolo”, il riff della chitarra elettrica di Ghigo Renzulli sottolinea ed esalta la prova di Piero Pelù, che col suo fare luciferino e  ci invita ad entrare nel suo misterioso teatro seducente. Rock graffiante e massiccio , che trascina ed esalta, Pelù “ci vuole dare il meglio”, e ci da’dentro , sostenuto dalla batteria di Franco Caforio che picchia come un demone.

“Animale di zona” è una ballad pesante, oscura, impreziosita dai solo di Ghigo, che con le sue corde non lascia mai la voce di Piero Pelù. Il testo è intimo, pensoso, riflessioni di un uomo che “parla da solo col vento e segna il suo confine”, animale di città che si muove tra le mille ombre della vita e dei suoi desideri.

“Spirito” cambia ancora le carte in tavola, si torna in superficie, le ritmiche pulsano e battono, l’energia si percepisce in ogni nota, si vola da atmosfere tipicamente rock a colori più giocosi, ad intenzioni quasi tribali, le percussioni di Candelo Cabezas  si alternano alle chitarre ritmiche e a sonorità caraibiche, in un rutilante vortice gioioso che sa, appunto di spirito libero. Pelù vola sulle note, ride, emette suoni selvaggi, canta un testo ispirato e divertito.

Le chitarre acustiche fanno da sfondo invece a “La musica fa”. Corre la musica, linfa vitale della band, che aggredisce improvvisamente l’ascoltatore con il ritornello, sferzante, duro, Ghigo all’elettrica  e Daniele Bagni al basso si accoppiano in un tappeto di suoni aspri e consistenti. Tra pieni e vuoti, la musica si spegne in un sussurro.

Con “Tammuria” ci si immerge  in un mood più folk, a metà tra danza davanti al fuoco e rock ballad accesa e travolgente. Tra nacchere e batteria, la chitarra si esibisce in un solo di sapore partenopeo, e Pelù incalza, ritmico e senza fiato.

Sorprende “Lacio drom” , quarto estratto dell’album. Pelù si muove perfettamente a suo agio come un grande istrione zingaro in questo brano dedicato ai rom ed alla loro poesia. La chitarra di Renzulli commenta, sostiene, a volte sembra che parli. I suoni sono caldi, etnici, le immagini “on the road”sono  una camminata nelle terre di frontiera, popolata da personaggi al limite , in bilico tra legalità ed avventura.

“No fontiere”ha un inizio sospeso, sognante, le tastiere synth di Antonio Arazzi scivolano lentamente finchè il pezzo si trasforma  in una rock ballad , calda, soffusa, sostenuta, piena.

Le luci si accendono su “Diavolo illuso”. Chitarre di sapore grunge per questo rock che porta con se’ venature di Messico, di deserto e di polvere, sottolineato dagli strumenti a fiato di Renato Freyggang degli Intillimani . Il ghigno di Pelù narra le vicende di un uomo che vuole giocare la sua partita con la vita.

“Telephone blues” ha come ospite  di lusso di Gianna Nannini. E’ un piccolo gioco, una citazione.

“Ora d’aria”  è una traccia massiccia, sanguigna, che conta su un bel testo che è voglia di spazio, di aria, di libertà. Ancora molto si deve alla maestria di Ghigo Renzulli alla chitarra, sporca, decisa, un bel suono, corposo, che sale e si libra con il grido di Piero Pelù, che ricerca ossigeno, almeno un’ora. Il brano ha un doppio finale, la seconda parte prende una atmosfera decisamente più  hard,  coinvolge ed entusiasma.

Chiude il disco “Suona fratello”, registrata in presa diretta, in casa di Pelù. Una ninnananna sgangherata, tenera, melodiosa, una danza, un valzer, una filastrocca. Solo la chitarra acustica e le mani a reggere il piccolo ritmo , tzigana e ribelle. Una piccola boccata d’aria.

 


 

LE VIBRAZIONI – LE VIBRAZIONI

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Dopo una lunga gavetta passata a creare un proprio suono personale, ad aprire concerti di band della scena rock alternativa italiana, come gli Afterhours, Le Vibrazioni , gruppo rock milanese , pubblica il primo cd dal titolo omonimo. E’ il 2003, e attorno alla band c’è grande attesa, perchè il primo singolo, pubblicato in avanscoperta, “Dedicato a te”, ha riscosso grandissimo successo. Le sonorità della band si rifanno al glam , al rock e al pop delle band anni ’70. Le melodie sono sempre azzeccate, ed il frontman del gruppo, Francesco Sarcina, possiede la giusta dose di padronanza del palco, aspetto da rockstar e voce particolare, teatrale e piena , capace di sfumarsi in  colori diversi.

Il disco è ricchissimo, 16 tracce, da cui sono tratti 5 singoli di successo, compresa  “….e se ne va”, colonna sonora del film generazionale “Tre metri sopra il cielo” tratto dal best seller di Francesco Moccia, con Riccardo Scamarcio.

Scorrendo le tracce si percepisce l’entusiasmo del gruppo, la coesione, la voglia di suonare, così come le forti influenze di gruppi importanti della scena rock mondiale dei decenni passati.

Dopo la prima traccia, “Il cantico delle pene”, rock glitterato che lascia spazio all’interpretazione istrionica di Sarcina, ben sostenuta dalle chitarre energiche di Stefano Verderi e dalla batteria di Alessando Deidda, si passa al singolo “In una notte d’estate”, introdotta dall’arpeggio di Verderi per poi svilupparsi in un pop rock effervescente. Il ritornello è di facile presa, dalla bella melodia italiana, aperta ed ariosa. “Sani pensieri” è una favola d’amore raccontata da Sarcina e la sua band. Il suono si muove su suggestioni rock d’oltremare, si avverte l’interesse del gruppo per certa psichedelia, per i suoni acidi dei meravigliosi anni passati, quando la musica era avventura e ricerca, sperimentazione gioiosa e sincera.

“Dedicato a te” non ha bisogno di presentazioni, è una hit che ha richiamato sul gruppo l’attenzione di stampa e tv ( il video è stato riproposto con ironia da Elio e le Storie Tese, contribuendo alla diffusione e al successo del brano originale). Arpeggi delicati e magici che richiamano alla mente il capolavoro “Stairway to heaven” dei Led Zeppelin, la strofa è un trionfo di armonia, il ritornello è perfettamente incastonato e apre a dovere.

“Su un altro pianeta “ ha un andamento funky rock. Prorompente , magistralmente suonato da questi ragazzi che mostrano carattere e voglia di imporsi. Sarcina gigioneggia, tra sospiri sensuali e grida a piena gola.

“Per non farsi ingoiare” continua su questa strada, il testo è volutamente intrigante e peccaminoso, con chiari riferimenti a tematiche sessuali, frutto di ardori giovanili anche un po’ naif.

“Vieni da me” è una bella composizione, un terzinato dalla melodia aperta e un poco retrò, ed è questa mistura tra il vecchio e il nuovo che funziona, ed è ancora grande successo.

“Xunah” è un pop rock martellante, oscuro , mentre “Electrip”  poggia sulle chitarre elettriche, e ancora deve molto a band come gli “Who” e conterranei vari. Si muove, sale e si placa questo rock, mentre “Guardami e costringimi” ha un andamento più fluido, ben sostenuto dalla ritmica serrata di Deidda, “”Non dimenticarmi mai” è una rock ballad che parla di media avvelenati, di guerre di religioni , “Sono più sereno” ha un arrangiamento più scarno e stringato, sostenuto ma più levigato, mentre la formazione continua con l’aggressiva “Seta”, ancora rock , ancora influenze hard e glam che provengono dalla terra d’Albione. Il basso di Marco Castellani si da’ da fare e sostiene martellando. Il brano cambia andamento, scivolando in un ambiente psichedelico e sospeso per poi tornare a picchiare su charleston, cassa e chitarre.

“Non mi pare abbastanza” e “Il compositore di nuvole” si muovono ancora su questo terreno, rendendo il cd coeso e compatto, coerente ed interessante, un grande lavoro per un primo disco.

Il disco chiude con “…e se ne va”, introdotta dal sitar che scivola nell’oscura strofa, sostenuta dall’energico accompagnamento della band e dalla voce di Francesco Sarcina che sussurra dolcemente un testo di amore e di abbandono.

Questa prova regalò alla band milanese un larghissimo seguito, tour infiniti sempre sold out, premi e riconoscimenti. La band tornerà subito dopo con “Le Vibrazioni II”, pronti a scalare ancora le vette della  hit parade e a crescere e maturare.

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