News

Rimmel – La recensione

09 Sep 2015

RIMMEL

LA RECENSIONE DELL’ALBUM DI FRANCESCO DE GREGORI

Nel 1975 , quando pubblica “Rimmel”, Francesco De Gregori ha 24 anni e già due album alle spalle (tre, se contiamo Theorius Campus ,con Antonello Venditti). Ha già scritto canzoni come “Alice non lo sa”, “Niente da capire”, “Bene”.

La sua poetica è nuova e rivoluzionaria. I riferimenti culturali sono alti, i versi preziosi e scarni, ogni parola è essenziale, nessuna ridondanza, nessun tentativo di ingraziarsi o rassicurare l’ascoltatore con tematiche di facile consumo, già ampiamente proposte e digerite.

Rimmel” è la prova definitiva che si è di fronte ad un artista cui portare rispetto, un bene prezioso, un regalo alla musica e dalla musica.

E’ schivo, silenzioso, ispirato, serio, una ventata benefica, nuova linfa intelligente, emozionante. Le composizioni sono apparentemente semplici, meccanismi perfetti, ogni nota è al suo posto. Il risultato è piacevolmente necessario, colmo di lirismo. I suoi ispiratori, Leonard Cohen, e soprattutto Bob Dylan, gli hanno in qualche modo lasciato addosso il loro gusto per un linguaggio spoglio ed asciutto eppure ricco,immaginifico e suggestivo.

“Rimmel “ si apre con il brano omonimo. Bellissimo il fraseggio del piano che introduce le immagini del testo, che apparentemente bizzarre, criptiche,formano con sorprendente originalità il quadro di un amore oramai al capolinea. Amaro, delicato “Rimmel” parla dell’ingannevolezza dei sentimenti, dei trucchi del destino che ci cambia e ci scombina le carte. Le sonorità sono calde, l’arrangiamento curato dallo stesso De Gregori si avvale dei Cyan, che anni dopo, nel 1979, accompagneranno il cantautore nel trionfale tour “Banana Republic” con Lucio Dalla .

“Pezzi di vetro” è realizzato solo con voce e chitarra acustica, suonata da Renzo Zenobi. Sull’arpeggio delicato si narrano le immagini dell’uomo prodigioso che cammina sui vetri, un mistero, un miracolo, un poeta , un uomo ferito dall’amore, o la somma di tutto, deciderà la nostra personale sensibilità.

“Il signor Hood” racconta di un bandito gentiluomo generoso, che regala parole e calpesta aiuole. Si dice sia dedicata a Marco Pannella, che ha gli stessi tratti di liberale ed altruistica personalità.

La chitarra acustica si muove su arpeggi galoppanti di una folk ballad, scanzonata ed affettuosa.

“Pablo” è la bellissima canzone, celeberrima,scritta con Lucio Dalla e dedicata ad un emigrato spagnolo in cerca di fortuna. Immagini bellissime di questo sconosciuto eroe, segnato dalle difficoltà, affamato di vita , di vino e di donne, morto di lavoro e di speranza

“Buonanotte fiorellino” si ispira alla sua musa Dylan e al suo “Winterlude”, la canzone è un valzer che dondola sereno, un augurio , un tenero richiamo. La voce di De Gregori è come sempre tenuta a registro minimale, sensibile , lievemente imprecisa, espressiva ed incisiva.

Un solo di contrabbasso introduce “Le storie di ieri”. Si parla della nostra storia, di fascisti, di vittime, gente comune che ha creduto ai “poeti, brutte creature, ogni volta che parlano è una truffa”. Ancora il tema del trucco, del gioco di specchi, di illusionismo. Chi ha creduto e ha sbagliato, chi ha capito e ha perduto.

“Quattro cani per strada” è una bellissima ballad on the road, magnifico ritratto di quattro cani, avventurieri in giro per il mondo, spaesati eroi , cialtroni, pacifisti sgangherati. L’arpeggio poetico della chitarra e le percussioni sono l’unico sostegno delle strofe, la melodia è solare e lieve. Fanno il loro ingresso poi le claps ed il pianoforte, il basso, e piano piano il cammino si fa baldanzoso, fino all’approccio ad un momento descrittivo e lirico, in cui si riconosce lo stralunato coro , personalissimo, di Lucio Dalla, che resta in rispettoso amichevole secondo piano.

“Piccola mela” è ispirata a versi di canzoni popolari sarde. Personaggi abbozzati con pennellate spoglie e delicate come piccoli boccioli, accompagnati dal solo suono della chitarra acustica. Sa di aria fresca, di campagna, di sentimenti e legami forti, di terra e d’altri tempi.

 “Piano bar”, che chiude l’album, poggia su un arrangiamento pop, l’andamento ed il suono del piano ha qualcosa dello stile  di Elton John. La figura del pianista è raccontata con una certa crudeltà. E’ un uomo stanco, con “poco jazz nelle dita”. Suona senza disturbare, se vorrai stare a sentire, senza urgenza e senza passione . Nuovamente l’illusione del varietà, le maschere colorate degli inganni, il tema che sottilmente lega questo bellissimo capolavoro che apre definitivamente un varco nel modo di fare canzoni. Da allora, la musica non sarà mai più la stessa.

Tag: ANALOG, every day, giradischi, MASTER TAPES, MUSIC, podcast, vinili, vinyl

Ajax Loader